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PER SAPERNE DI PIÙ: BERNINI E LA SCULTURA BAROCCA

Il Ponte degli Angeli ha assunto l’aspetto attuale nel 1671; poco prima Bernini aveva completato, nel 1665, il colonnato di piazza San Pietro.

Si avvicinava il giubileo del 1675, che avrebbe condotto a Roma una grandissima moltitudine di pellegrini. A quel tempo, lungo il Tevere, dopo ponte Milvio, il primo ponte che si incontrava era proprio il ponte Sant’Angelo e a valle fino a ponte Sisto non c’era nessun altro ponte: dunque i pellegrini che con ogni mezzo venivano da nord, e parte di quelli che arrivavano dal sud, attraversavano il fiume percorrendo ponte Sant’Angelo.

Da qui si sarebbero diretti verso piazza San Pietro, per pregare sulla tomba di Pietro che era la loro meta finale.
Allora non esisteva la scellerata via della Conciliazione, quindi i pellegrini per arrivare in piazza San Pietro attraversavano gli stretti “Borghi”, e camminando lungo Borgo Vecchio o Borgo Nuovo, all’improvviso si trovavano nell’immensità della piazza, accolti dall’abbraccio della chiesa, che li cingeva con il suo colonnato.

La mappa del Borgo - clicca per ingrandire

Il passaggio dallo stretto intrico dei Borghi alla vastità della piazza, all’imponenza della facciata della basilica, allo svettare della cupola, doveva essere straordinariamente emozionante e coinvolgente, secondo le intenzioni dei grandi artisti che misero il loro genio al servizio della fede: parliamo di Raffaello, Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo, Giacomo Della Porta, Carlo Maderno e Gian Lorenzo Bernini.

Con la sventurata apertura di via della Conciliazione la Spina dei Borghi è stata distrutta, Borgo Vecchio e Borgo Nuovo sono stati inglobati nello stradone, piazza Scossacavalli e piazza Rusticucci sono andate perdute, ma soprattutto è irrimediabilmente perduta la sorprendente commozione di trovarsi all’improvviso in piazza San Pietro.

In vista del Giubileo del 1675 Papa Clemente IX Rospigliosi volle che i pellegrini, attraversando il ponte Sant’Angelo, entrassero nell’ultima parte del loro percorso di fede, nel nome del Cristo. Diede quindi l’incarico a Gian Lorenzo Bernini di rappresentare la Passione, ciò che per il cristiano rappresenta l’estremo dono di Gesù.

Bernini, abbozzati dieci angeli, ognuno dei quali simbolizza gli episodi della Passione, chiamò a scolpirli i migliori artisti del tempo. A quel tempo, scomparsi Stefano Maderno (1570 – 1636), Francois  Duquesnoy (1597 – 1643), Francesco Mochi (1580 – 1654) e Alessandro Algardi (1598 – 1654), i migliori erano: i ticinesi Ercole Ferrata ed Ercole Antonio Raggi, Domenico Guidi, Cosimo Fancelli e gli stretti aiuti dello stesso Bernini, ossia Lazzaro Morelli (che aveva scolpito oltre 20 dei 144 Santi che si trovano sulla balaustra del Colonnato di Piazza San Pietro), Paolo Naldini, Girolamo Lucenti e Antonio Giorgetti, il più giovane di tutti.

Due angeli li scolpì lo stesso Bernini, ma considerati troppo belli per essere esposti alle intemperie, furono sostituiti da altrettante copie, mentre gli originali oggi si possono godere a Sant’Andrea delle Fratte, vicino a piazza di Spagna. 

Gli originali del Bernini a Sant'Andrea delle Fratte

I pellegrini (e anche noi romani), erano e sono accolti all’ingresso del ponte da San Pietro e da San Paolo.

Queste due statue preesistevano all’intervento di Bernini, infatti fu un altro Clemente, Papa Clemente VII de’ Medici, che nel 1535 le fece collocare dove sono. La Statua di San Paolo è opera di Paolo Romano, del quale non conosciamo né la data di nascita, né quella della morte, sappiamo soltanto che lavorò a Roma nella seconda metà del ‘400. La statua si trovava in origine all’entrata della Cappella Sistina, mentre la statua di San Pietro si deve al Lorenzetto, uno degli aiuti di Raffaello.

Sul basamento della statua di Pietro è scritto: “Hinc humilibus venia” (Qui il perdono agli umili), mentre Paolo dice “Hinc retributio superbis” (Qui saranno puniti i superbi).
Frasi che singolarmente ricordano il VI libro dell’Eneide di Virgilio: “Parcere subiectis et debellare superbos”.

Entrati nel ponte sulla nostra destra vediamo l’angelo con la colonna, del grande Ercole Antonio Raggi (1624 – 1686), che rappresenta la prima stazione della Passione: Cristo è legato alla colonna per essere flagellato. La scritta sul basamento dice: “Tronus meus in columna” (Il mio trono su una colonna).

Nella seconda stazione, il primo angelo sulla sinistra di Lazzaro Morelli (1619 – 1690), ha in mano i flagelli. Sul basamento la scritta “In flagella paratus sum” (Sono pronto per la flagellazione).

La terza stazione è rappresentata dal meraviglioso angelo di Bernini con in mano la corona di spine. Qui vediamo una copia fatta dallo stesso Bernini con l’aiuto di Paolo Naldini.
Come detto l’originale si trova a Sant’Andrea delle Fratte.

L'Angelo con la corona di spine, originale del Bernini presso Sant'Andrea delle Fratte - clicca per ingrandire

Sul basamento è scritto “In Aerumna mea dum configitur spina” (Durante il mio travaglio si configge una spina).

Il quarto angelo, di Cosimo Fancelli (1618 – 1688), mostra il Sudario, il panno che Veronica porse a Gesù per asciugarne il sangue e il sudore, sul quale restarono imprese le sembianze del Suo Volto.
La scritta diceva: “Respice faciem Christi tui” (Guarda il volto del tuo Cristo). Diceva, perché nel 1800 un proiettile ha danneggiato al scritta, che con le successive stuccature è scomparsa. Speriamo in modo non definitivo.

Il quinto angelo, di Paolo Naldini (1619 – 1691), ha nelle mani la veste di Gesù, sulla quale si vedono i dadi.
La scritta dice “Super vestem meam miserunt sortem” (Tirarono a sorte la mia veste).

Nella sesta stazione l’angelo con i chiodi, di Girolamo Lucenti (1627 – 1692), dice: “Aspiciant ad me quem confixerunt” (Guardano colui che hanno crocifisso).

L’angelo con la Croce è opera di un altro dei grandi scultori barocchi, Ercole Ferrata (1610 – 1686). La scritta dice: “Cuius principatus super humerum eius” (Il suo regno è sulle sue spalle).

L’ottavo angelo ha in mano la scritta INRI (“Iesus Nazarenus Rex Iudeorum”, Gesù di Nazareth Re dei Giudei), e dice: “Regnavit a ligno Deus” (Dio regnava dalla Croce).

L'Angelo con la scritta INRI, originale del Bernini presso Sant'Andrea delle Fratte - clicca per ingrandire

L’originale, come il precedente si trova in Sant’Andrea delle Fratte, la copia è opera di Giulio Cartari (1640 ? - ?), molto caro al Bernini, già suo allievo a 18 anni.

Nella nona stazione l’angelo con la spugna, di Antonio Giorgetti (1635 – 1669), dice: “Potaverunt me aceto” (Mi dissetarono con l’aceto).

L’ultimo angelo con in mano la lancia, del grande Domenico Guidi (1625 – 1701), dice: “Vulnerasti cor meum” (Mi feristi al cuore), ricordando il colpo di lancia del centurione.

Chi è lontano dalla fede, percorrendo il ponte ammirerà la bellezza delle sculture, una vera antologia del barocco romano, antologia che potete vedere grazie ai link in rosso.

Chi ha la Fede si commuoverà.

A chi laicamente dubita suggeriamo di cercare (o scoprire) il significato metaforico di questa Via Crucis.

 

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