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NELLA TERRA DEI QUADI

I
Teboniano resisteva bravamente agli attacchi dei nemici, che, memori della reazione Romana del giorno precedente, non osavano esporsi al tiro delle nostre macchine da guerra.

Mentre si svolgevano queste cose i nostri due messaggeri riuscirono a rientrare nel campo. Teboniano, informati i centurioni che Traiano era in marcia, ordinò di non fare trapelare niente.  
Quando ormai si stava avvicinando la sera, la cavalleria leggera dei barbari si lanciò in un fortissimo attacco, il cielo era oscurato dalle frecce, immediatamente dopo avanzarono i catafratti, ma i nostri non abbandonarono le posizioni e messe in azione le macchine da guerra, risposero gagliardamente obbligando i catafratti a ritirarsi al coperto.
Scesa la notte nel campo dei barbari, rischiarato da alti fuochi, si festeggiava la prossima vittoria, lieti canti di guerra accompagnavano gioiosi banchetti.
Nel nostro accampamento, rischiarato da deboli luci, si curavano i feriti e ci si preparava a un’altra notte insonne.

Traiano, nel secondo campo, riuniti i centurioni, li mise a parte del proprio disegno. Appena scesero le tenebre e le nubi oscurarono la luna, nel massimo silenzio, fece uscire dal campo tutte le carrobaliste scortate da due coorti e accompagnate dai frombolieri.
Il piano di Traiano era fondato sulla sorpresa, trattenne quindi la cavalleria perché i nitriti dei cavalli non avvertissero i nemici del suo arrivo.
Quando fu informato che ormai le carrobaliste erano vicine ai Quadi uscì dal campo con i cavalieri, per essere pronto ad intervenire. Secondo gli ordini ricevuti le carrobaliste furono posizionate dal lato del campo nemico dove si trovavano i catafratti, che dormivano senza armi e senza corazze, mentre i cavalli giacevano in un grande recinto. Quando tutto fu pronto Traiano ordinò l’attacco.

In questo frangente fu chiara la differenza tra i nostri soldati retti da una forte disciplina e i Germani, che non sopportano ne le fatiche ne la disciplina e considerano la guerra come fosse un torneo nel quale mostrare il proprio valore.
Stavano dunque i catafratti abbandonati nel sonno, senza che nessuno vegliasse sulla loro sicurezza, quando dalle carrobaliste incominciò il lancio dei proiettili e delle palle di fuoco diretto verso i cavalieri e verso il recinto dei cavalli.
Nel campo nemico le fiamme divampavano, uomini e bestie urlavano, bruciavano le tende, bruciava lo staccato del recinto dei cavalli, che liberi scappavano per ogni dove. Nel vicino attendamento della cavalleria leggera i barbari, destati dal frastuono, nella massima confusione correvano alle armi e ai cavalli.
Mentre i legionari continuavano il fortissimo lancio di proiettili, la nostra cavalleria percorrendo un arco di cerchio si portava alle spalle dei nemici. I catafratti erano ormai disfatti, quando la loro cavalleria leggera venne in soccorso, ma nel buio della notte non sapevano dove indirizzare le frecce, temendo di colpire i loro stessi compagni.

I cavalieri Quadi correvano come forsennati cercando di raccogliere i catafratti che, disarmati, in gran numero erano rimasti senza cavalcatura ed ecco che alle loro spalle si udì il suono delle trombe della nostra cavalleria che si lanciava all’attacco. L’ordine di Traiano era quello di essere rapidissimi, colpire i nemici mentre erano aggruppati, non inseguire i Quadi, ma messili in fuga, si doveva catturare il massimo numero di cavalli.

Traiano pensava che in questo modo tra morti, feriti e cavalli catturati il numero dei nemici si sarebbe ridotto a poca cosa e quindi altro non avrebbero potuto fare se non riparare all’interno dei loro territori.

E così fu.

 

II
Quando il sole era ormai sorto Traiano entrò nel primo campo accolto dal grido di vittoria.

Le carrobaliste erano state riportate nel campo appena la nostra cavalleria aveva suonato la carica. 
Dal numero dei feriti, dalle tende bruciate, Traiano potè constatare con quanto valore i nostri avevano difeso la fortezza. 

Fu condotto in presenza di Traiano Lucio Aconio Statura, di cui abbiamo parlato, sul cui scudo furono contati i fori di 126 frecce. Traiano dopo aver lodato Teboniano, ricompensò i legionari che si erano particolarmente distinti.

A Lucio Statura fu assegnata una corona vallare.

 

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