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I “MAGISTRI MARMORARI ROMANI”

Gli antichi romani amavano l’Opus Sectile, tecnica che impiegando marmi preziosi e paste vitree a intarsio, veniva utilizzata per realizzare pavimenti, pannelli e decorazioni parietali in genere.
Inizialmente le tarsie rappresentarono motivi geometrici, per arrivare successivamente, come nella cosiddetta Basilica di Giunio Basso del IV secolo, alla raffigurazione di grandi scene.

Le Tarsie della Basilica di Giunio Basso - clicca per ingrandire

Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente il gusto per le tarsie emigrò a Bisanzio, ma quando a Roma, a partire dal X – XI secolo cominciò a rifiorire quella scuola di marmorari che fu detta dei “Magistri Marmorari Romani”, le tarsie si diffusero nei chiostri, nei cibori, negli arredi, nei monumenti funebri e nei pavimenti delle chiese cristiane.

Lo stile fu detto cosmatesco dal nome del capostipite di una delle più famose famiglie di marmorari romani, Tebaldo di Cosma, cioè figlio di Cosma. Questo stile impiegava tessere di marmo e di pietre dure, pasta vitrea e oro, per creare motivi geometrici o più in generale astratti.

I “Magistri Marmorari Romani”I discendenti di Tebaldo sono i Cosmati in senso stretto, essi furono Lorenzo figlio di Tebaldo, Jacopo figlio di Lorenzo, Cosma figlio di Jacopo, Luca e Jacopo Alter figli di Cosma. Questa dinastia copre un arco di tempo di circa un secolo, dal 1160 al 1260.

Ma Cosma era un nome abbastanza diffuso, così, per confonderci le idee, alla famiglia di Tebaldo figlio di Cosma si affiancò quella di Cosma figlio di Pietro Mellini, con il figlio Deodato e il nipote Giovanni, oltre ad una cinquantina di parenti vari. Questa famiglia fu attiva a Roma all’incirca dal 1260 alla fine del 1300.

Ai Maestri Marmorari Romani appartiene di diritto la famiglia dei Vassalletto. Il loro capostipite fu Basiletto, seguito dal figlio Pietro, dal nipote Vassalletto II e dal pronipote Nicola.

I Vassalletto furono attivi dal 1160 alla fine del 1200.

Infine lo stesso Arnolfo di Cambio, venuto a Roma, fu conquistato dallo stile cosmatesco.

Gli storici dell’arte si dividono tra coloro secondo i quali si può parlare di stile cosmatesco solamente riferendosi alla famiglia di Tebaldo di Cosma; per altri, considerata la tecnica comune adottata, sotto lo stesso cappello stanno i Cosma di Tebaldo, quelli di Cosma figlio di Pietro Mellini e i Vassalletto.

Secondo entrambe le scuole di pensiero non è lecito parlare di stile cosmatesco, al di fuori di queste famiglie, anche se, in particolare nel Sud Italia, troviamo motivi decorativi, genericamente detti cosmateschi, nei quali sono peraltro evidenti influenze locali, in particolare di derivazione araba, che quindi con i cosmati poco hanno a che vedere.
Tornando a Roma per non scontentare nessuno noi useremo quale cappello la voce “Magistri Marmorari Romani”.

Tra i quali peraltro si possono cogliere evidenti differenze.

Ai Vassalletto, in particolare a Pietro Vassalletto e al figlio Vassalletto II si attribuiscono gli straordinari chiostri di San Giovanni in Laterano e di San Paolo fuori le Mura,

miracolosamente scampato al funesto incendio del 1823.

I Vassaletto si caratterizzano perché impiegano lo stile cosmatesco entro disegni architettonici complessi, mentre le due famiglie Cosma, si dedicano soprattutto alla creazione di monumenti funebri, arredi e pavimenti. Come possiamo vedere a: Santa Maria in Aracoeli, Santa Maria sopra Minerva, nell’Oratorio di San Silvestro, ai Santi Quattro Coronati, Santa Maria in Cosmedin, Santa Maria Maggiore, e a San Cesareo; per citare solo alcune delle loro opere.

I Magistri Romani coprono un arco di tempo che va dall’inizio del XI secolo alla fine del XIV, anche se altri marmorari in epoche successive vantarono dubbie discendenze dagli originali.

Il grande Arnolfo di Cambio venne a Roma dopo il 1270 e qui fece proprio lo stile dei Magistri Romani, come si può apprezzare nel ciborio di Santa Cecilia, in quello di San Paolo fuori le Mura e nel monumento funebre del Cardinale Riccardo Annibaldi, ricomposto nel chiostro di San Giovanni in Laterano.

Il ciborio di San Paolo fuori le Mura - clicca per ingrandire

Quale scultore Arnolfo, a Roma, ci ha lasciato il ritratto di Carlo I d’Angiò, esposto nei Musei Capitolini, nella basilica vaticana la statua di San Pietro, nelle “grotte” vaticane il monumento funebre di Bonifacio VIII e il Presepe a Santa Maria Maggiore, nel quale la Madonna è stata ritoccata nel XVII secolo.

Arnolfo fu anche architetto, per i caratteri stilistici gli si attribuisce, senza prove certe, l’architettura generale di Santa Maria in Aracoeli, documenti a riguardo non sono stati trovati, tuttavia la cosa appare plausibile.

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