logo del sito Romainteractive
Sei in: Home > Take a bit of Rome a day > Cappella Sistina

SUN AN’ SOUL - DREAM AN’ ROME

CAPPELLA SISTINA

Cappella Sistina
Cappella Sistina - clicca per ingrandire

La Cappella Sistina prende nome da Papa Sisto IV della Rovere che nel 1481 ne avviò la decorazione, avvalendosi dei migliori pittori fiorentini del tempo, grazie alla intercessione di Lorenzo il Magnifico.

Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Cosimo Rosselli, Luca Signorelli, si trasferirono a Roma con il loro aiuti, unendosi a Pietro Perugino che li aspettava con il Pinturicchio. Completati gli affreschi attorno al 1483, i grandi artisti tornarono a casa propria, eccetto il Pinturicchio, che per così dire restò padrone di Roma.

La decorazione della Sistina iniziò dalla fascia intermedia delle pareti, dove Pietro Perugino ha affrescato: la “Partenza di Mosè per l’Egitto”, il “Battesimo di Cristo” e la famosissima “Consegna delle Chiavi”.

A Sandro Botticelli si devono le “Prove di Mosè”, la “Punizione dei ribelli”, le “Tentazioni di Cristo”. L’ambientazione romana è sottolineata da un arco che richiama quello di Costantino e dalla facciata dell’antica chiesa di Santo Spirito in Sassia (prossima al Vaticano).

Stupendi sono i tipici volti botticelliani.

Cosimo Rosselli ha affrescato il “Passaggio del Mar Rosso”, la “Discesa dal Monte Sinai”, il “Discorso della Montagna” e la memorabile “Ultima Cena”.

Ultima Cena
Ultima Cena - clicca per ingrandire

Di Luca Signorelli è lo spettacoloso affresco che rappresenta il “Testamento e Morte di Mosè” e per chiudere in bellezza Domenico Ghirlandaio ci ha lasciato la “Vocazione dei Primi Apostoli”.

La Cappella Sistina, deve a Michelangelo la sua fama, forse per questa ragione, malauguratamente, gran parte dei visitatori dedica ai capolavori sopra citati una scarsa attenzione.

Se la fama della Sistina è legata a Michelangelo (1475 – 1564), si può dire che la cosa è reciproca.
Michelangelo lavorò alla Sistina dal 1508 al 1512 per Papa Giulio II della Rovere, nipote di Sisto IV, e dal 1536 al 1541 per Paolo III Farnese.

Per il primo dipinse la volta, per il secondo, nella parete di fondo il Giudizio Universale. Sono due opere diversissime, la prima segue uno schema armonioso, ordinato e puntuale costituendo una delle maggiori testimonianze del pieno Rinascimento. La seconda, concepita dopo lo scisma luterano e il Sacco di Roma del 1527, quando sembrava che i conflitti all’interno del Cristianesimo dovessero travolgere la stessa Chiesa Romana, comunica le angosce dei nuovi tempi. All’armonia della Volta si contrappone il Caos del Giudizio.

La Volta della Cappella Sistina è stata progettata da Michelangelo seguendo uno schema tradizionale.
Nella fascia centrale della volta, separate da finti pilastri, sono affrescate nove Storie della Genesi, alternativamente di dimensioni maggiori e minori. Nei riquadri minori trovano spazio i famosi “Ignudi”.

Ignudi Ignudi
Ignudi - clicca per ingrandire

Diverse interpretazioni sono state date per giustificare la loro presenza, ma francamente sembrano per la maggior parte opinabili.

Le Storie della Genesi comprendono l’Ebbrezza di Noè, il Diluvio Universale, Il Sacrificio di Noè, la Cacciata dal Paradiso, Dio crea Eva, Dio crea Adamo, Dio separa l’acqua dalla terra, Dio crea il sole ed i pianeti, Dio separa la luce dall’oscurità.

Attorno alla fascia centrale della volta si alternano Sibille e Profeti. Tra le Sibille da notare il contrasto tra la Sibilla Delfica e la Sibilla Cumana.

Dei profeti citiamo Ezechiele e Isaia, che di lì a poco sarà raffigurato da Raffaello nella chiesa di Sant’Agostino.

clicca per ingrandire
Michelangelo, Isaia Raffaello, Isaia
Michelangelo: Isaia Raffaello: Isaia

Tra Sibille e Profeti si incuneano otto vele che assieme alle sottostanti lunette raffigurano i predecessori di Gesù secondo il Vangelo di Matteo. Famosa è la lunetta con Giacobbe e Giuseppe. Ai quattro vertici della volta i pennacchi rappresentano Giuditta e Oloferne, Mosè e il serpente di bronzo, la condanna di Aman e David che uccide Golia.

La Volta della Sistina, un’opera allo stesso tempo spettacolare e complessa, impegnò Michelangelo per circa quattro anni, un tempo brevissimo se pensiamo che, complice il suo pessimo carattere, finì per lavorare in solitaria, lasciando agli aiuti i soli compiti di preparare l’intonaco e i colori.

Il Giudizio Universale fu affrescato da Michelangelo per volontà di Papa Paolo III Farnese.
Iniziato nel 1536, ventiquattro anni dopo aver terminato la volta della Sistina, fu completato nel 1541.
In questi ventiquattro anni la Chiesa Romana rischiò di essere travolta, a partire dallo scisma luterano del 1520, al quale fece seguito il Sacco di Roma del 1527, provocato dal conflitto tra il papato e l’imperatore Carlo V, quando Papa Clemente VII de’ Medici per non essere preso prigioniero riparò entro Castel Sant’Angelo, per fuggire poi da Roma. E nel 1534 Enrico VIII fece approvare dal parlamento inglese la legge secondo la quale l’unico capo della chiesa d’Inghilterra era il re.

Peraltro in quegli stessi anni l’intero mondo cristiano subiva l’espansione islamica guidata da Solimano il Magnifico, che dopo aver occupato nel 1517 Gerusalemme, in un breve arco di tempo, a partire dal 1521, conquistò Belgrado e la Serbia, Rodi e nel 1526 l’Ungheria.

Il mondo nel quale aveva visto la luce la Volta della Cappella Sistina era finito per sempre!

E di fatto non si potrebbero immaginare due opere tanto diverse come la Volta e il Giudizio Universale. Alla simmetria dell’una si contrappone il caotico affollamento della seconda, nella quale i vari gruppi non sono racchiusi entro precise geometrie (riquadri, vele, lunette), ma si muovono in uno spazio indifferenziato.

Il punto focale del Giudizio è rappresentato da Gesù il cui volto non esprime clemenza e misericordia, ma neppure la severità del giudice ultimo, esprime piuttosto lontananza, una lontananza enfatizzata dalla Madonna, che sembra volersi sottrarre al contatto con ogni altro essere. 
Il Giudizio ha stimolato le interpretazioni più diverse e contradditorie, secondo alcuni rappresenta una rigida ortodossia, secondo altri l’esatto contrario e cioè Michelangelo sarebbe ai confini dell’eresia.

Ma forse la chiave interpretativa può essere trovata nel suo stravolto autoritratto, retto da San Bartolomeo.

Il Giudizio Universale Il Giudizio Universale
Il Giudizio Universale - clicca per ingrandire

In quei tratti leggiamo il tormento di un anima angosciata da un mondo deforme. In una tale atmosfera angosciata, terribile è l’immagine del dannato, che più di ogni altra figura testimonia la fine dei tempi.

La fine di tutto.

Crudele è Caronte che con la sua barca trascina i dannati all’inferno. Ma neppure nel gruppo dei beati, portati in Paradiso, troviamo tracce di gioia.

Sotto il profilo stilistico e morale, il Giudizio ebbe severissimi censori, che da un lato accusavano Michelangelo di aver giocato con l’anatomia dei corpi umani, dall’altro lato di avere provocatoriamente dato vita ad inaccettabili sconcezze. Queste critiche, per quanto oggi poco condivise, non sono del tutto incomprensibili.
Fatto sta che nel 1564 venne disposta la copertura di ogni oscenità del Giudizio.

Il compito fu affidato a Daniele da Volterra che, da grande estimatore di Michelangelo, intervenne con il massimo della discrezione ricorrendo a minimi panneggi, con l’eccezione del gruppo che ritraeva San Biagio con Santa Caterina d’Alessandria in modo tale da far pensare che si predisponessero a compiere un atto sessuale. Qui l’intervento di Daniele fu radicale. 

In conclusione per quanto il Giudizio abbia critici ultra-entusiasti ed altri ferocemente denigratori, tuttavia solo una totale insensibilità può lasciare indifferente chi osserva, quello che, con ogni riserva, esprime al massimo della drammaticità l’angoscia e la fragilità dell’animo umano.

La Cappella Sistina da Papa Sisto IV a Paolo III Farnese

I rapporti tra Papa Sisto IV della Rovere e Lorenzo de’ Medici non furono sempre dei più facili. Lorenzo fu scomunicato nel 1478. Alla scomunica seguirono tra lo stato pontificio e la repubblica fiorentina, due anni di guerra, terminata, senza ne vincitori ne vinti, con la pace sancita nel 1480.  A seguito della pace, assecondando Papa Sisto IV, Lorenzo de’ Medici concesse ai pittori fiorentini di recarsi a Roma per decorare la Cappella Sistina.

I grandi artisti che affrescarono le pareti della Cappella Sistina per dar vita ad una iconografia armoniosa si accordarono in modo tale che le dimensioni e i colori dei singoli affreschi fossero omogenei.
Secondo Giorgio Vasari l’iniziativa fu di Cosimo Rosselli che impiegò per i suoi affreschi vivaci colori azzurri oltremarini e fondi d’oro. A Papa Sisto IV la coloritura piacque (dice Vasari) tanto da costringere gli altri pittori ad allinearsi.
Ma come sappiamo il nostro buon Vasari spesso lavora di fantasia. È viceversa plausibile che la scelta cromatica sia stata determinata dalla particolare luminosità dell’ambiente, visto che la Sistina era illuminata da candele.

Il primo soggiorno romano di Michelangelo risale al 1496 – 1501. In questo periodo scolpì la famosa Pietà Vaticana.
Fu richiamato a Roma nel 1505 da Papa Giulio II e da Roma scappò accusando il Papa di volerlo morto. Giulio II fu imprevedibilmente paziente tanto da farlo tornare a corte, dove peraltro il nostro si era fatto un buon numero di nemici.
Intanto, era il 1506, nelle vicinanze delle terme di Tito fu ritrovato il gruppo del Laocoonte, spettacolosa testimonianza di arte ellenistica del II periodo (240 – 150 a.C.), che, contrapponendosi alla scuola ateniese del V e IV secolo, afferma un nuovo stile evidenziato dalla torsione plastica delle masse muscolari, per conseguire quegli effetti di drammaticità ed espressività assenti nell’arte classica.
Papa Giulio II salvò il Laocoonte facendolo portare in Vaticano nel cortile del Belvedere, assieme a molte altre sculture antiche.
Michelangelo iniziava a lavorare alla Cappella Sistina a metà del 1508 ed è plausibile che il Michelangelo monumentale della Sistina si sia ispirato all’arte medio ellenistica in genere e al Laocoonte in particolare. Del resto esiste il Michelangelo classico ante Laocoonte, testimoniato dalla Pietà Vaticana e dal David ed il Michelangelo post Laocoonte, nel quale scompare ogni traccia di classicità.

Come abbiamo rimarcato è difficile immaginare due opere tanto diverse, quanto la Volta della Sistina e il Giudizio Universale, salvo ricordare che Michelangelo si professava scultore e non pittore e di fatto entrambe le composizioni hanno l’aspetto di sculture trasposte in pitture. 
Questa premessa è tanto più valida osservando la Volta, nella quale la Sibilla Cumana è decisamente brutta, mentre, nella Cacciata dal Paradiso Terrestre, Adamo ed Eva sono raffigurati quasi di sfuggita, ben lontani dalla coinvolgente disperazione espressa dal Masaccio. E mentre altre figure sono poco più che abbozzate, le uniche alle quali Michelangelo sembra dedicare particolare attenzione sono gli “Ignudi” e la Creazione di Adamo. La Volta si caratterizza quindi per la monumentalità dell’apparato architettura-scultura-pittura che trascende ogni altro aspetto della composizione.    

Nel Giudizio la prevalenza “sculturale” è portata all’estremo, tanto da giustificare un contemporaneo, che, seppur garbatamente, disse che la pittura di Michelangelo mancava “di una certa temperata misura senza la quale niuna cosa può aver grazia”.

 

back

Vai al sito dell'Università di Roma Tor Vergata