SUN AN’ SOUL - DREAM AN’ ROME
MUSEI VATICANI - LE STANZE DI RAFFAELLO
Era il mitico 1508, quando Michelangelo iniziò ad affrescare la volta della Cappella Sistina e poco dopo Raffaello le Stanze per Papa Giulio II Della Rovere, che non sopportando di vivere negli appartamenti dell’odiato Papa Borgia, per quanto affrescati dal Pinturicchio, volle per così dire cambiare casa e perché i suoi appartamenti non avessero niente da invidiare a quelli di Alessandro VI, mise all’opera i migliori pittori dell’epoca: il Perugino, Baldassarre Peruzzi, Lorenzo Lotto, il Sodoma e Raffaello.
Raffaello cominciò dalla volta della Stanza della Segnatura, che si chiama così perché era destinata al massimo tribunale della chiesa: la Segnatura Gratiae et Iustitiae.
E qui Giulio II mostrò il suo buon carattere: visto il primo affresco di Raffaello, licenziò tutti gli altri pittori e ordinò di distruggere gli affreschi dipinti in precedenza. Ma anche Raffaello, mostrò il suo: richiamò il Sodoma e Baldassarre Peruzzi e nella Stanza dell’Incendio salvò gli affreschi del Perugino, il suo vecchio maestro.
Raffaello entrava così trionfalmente nella corte papale di quella Roma che per dirla alla Vasari era “quella patria comune sempre aiutatrice de’ begl’ingegni”.
Nella corte pontificia in quei tempi erano affluiti i begl’ingegni del Rinascimento e tra gli stessi prelati si potevano trovare umanisti di eccelsa cultura, gli uni e gli altri affascinati dal neoplatonismo, con le sue categorie del Vero, del Bello e del Bene. Rappresentate nella volta con la Teologia ovvero il Vero teologico, la Filosofia: il Vero filosofico, la Poesia: il Bello e la Giustizia: il Bene.
La prima parete ad essere affrescata nel 1509 è quella nota come Disputa del Sacramento, cioè discussione tra teologi. A testimoniare l’impegno di Raffaello per la Disputa sono stati trovati 40 disegni preparatori.
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Stanze di Raffaello, Disputa del Sacramento - clicca per ingrandire |
L’affresco è articolato in 2 registri, nel registro superiore è rappresentata la Chiesa trionfante, nel registro inferiore la Chiesa militante. Nella Chiesa trionfante si vede la Trinità con Gesù al centro di un clipeo, cioè di un tondo, sotto di Lui gli angioletti mostrano le Sacre Scritture. Ai suoi fianchi santi e profeti.
I personaggi della chiesa militante suggerirono a Giorgio Vasari di chiamare disputa, cioè discussione, l’affresco. Discussione che si manifesta nel trasporto con il quale i personaggi affrontano il mistero dell’Eucaristia.
A sinistra dell'altare vediamo: appoggiato alla balaustra, Donato Bramante, il personaggio al suo fianco è stato individuato come il diciottenne Francesco Maria Della Rovere, nipote di Papa Giulio II, appena diventato duca di Urbino; segue Giulio II, nelle vesti di San Girolamo, con accanto un leone e infine il Beato Angelico con il suo saio domenicano.
A destra dell’altare: Sant’Ambrogio, che guarda verso l’alto, Sant’Agostino nell’atto di dettare, dietro San Tommaso d’Aquino, poi Papa Innocenzo III, famoso teologo, San Bonaventura, altro grande filosofo e teologo, Papa Sisto IV Della Rovere, zio di Giulio II, a seguire l’indimenticabile ritratto di Dante e seminascosto, con un cappuccio scuro, il Savonarola.
La viva e immediata partecipazione dei personaggi dà la concreta idea della chiesa militante e fu trionfalmente accolta nella corte pontificia, tanto che Vasari registra: “Non potrebbe pittore alcuno formar cosa più leggiadra, né di maggior perfezione”.
Passiamo ora alla Scuola d’Atene,
affrescata dal 1509 al 1510, composizione di grande complessità, dietro la quale si immagina che i migliori umanisti della corte papale abbiano dispensato i loro consigli a Raffaello.
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Stanze di Raffaello, Scuola d’Atene - clicca per ingrandire |
Per quanto riguarda le prospettive, certamente ispirate a Donato Bramante, si è pensato ad un aiuto dello stesso Bramante o più probabilmente di Bastiano da Sangallo. La posizione occupata da ogni personaggio ha un significato, senza per questo irrigidire la scena, per dirla con Vasari: “Raffaello fu alla composizione delle storie così facile e pronto che gareggiava con l’efficacia della parola scritta”. Si pensa che, in quest’affresco, sia stato coadiuvato dal Sodoma, che compare assieme a Raffaello all’estrema destra.
La coralità della rappresentazione è focalizzata su Platone e Aristotele. Platone con la mano sinistra regge il Timeo, il fondamentale dialogo che affronta i temi dell’origine dell’universo, della struttura delle materia e della natura dell’uomo. La mano destra è rivolta verso il cielo; al suo fianco Aristotele ha in mano l’Etica, dove prendendo le distanze dal suo maestro Platone, cerca la verità nella realtà, per arrivare spesso a conclusioni lontane dalle comuni percezioni. E se Platone indica il cielo, Aristotele ha la mano destra protesa in avanti. I due diversi gesti sembrano suggerire la necessità della sintesi tra la trascendenza platonica, che indica il cielo e la immanenza aristotelica.
Peraltro tutti gli altri personaggi nella loro coralità rappresentano l’evoluzione del pensiero, non per niente li vediamo a fianco dei protagonisti, o lungo la scalinata.
A gran parte dei personaggi Raffaello ha dato il volto di uomini del suo tempo, Platone altri non è che Leonardo da Vinci, Aristotele è Bastiano da Sangallo, che da allora in poi fu chiamato appunto Aristotele.
Tra i tanti personaggi spicca in basso al centro, appoggiato ad un blocco di marmo, Michelangelo nelle vesti di Eraclito.
Il ritratto di Michelangelo, aggiunto da Raffaello quando l’affresco era già stato ultimato, testimonia l’indole di Raffaello, che una volta scoperta la prima parte della volta della Sistina, per rendergli omaggio lo collocò in primo piano.
Ultimato il Vero filosofico, seguendo le categorie neoplatoniche, Raffaello a partire dalla seconda metà del 1510 affrescò il Parnaso, cioè il Bello, nella parete che affaccia sul cortile del Belvedere, dove Giulio II aveva raccolto, salvandoli dalla dispersione, “I Marmi Antichi”, tra i quali il Gruppo del Laocoonte e l’Apollo, detto appunto, del Belvedere.
Raffaello ne fu così colpito da dare ad Omero il volto di Laocoonte, mettendogli a fianco Apollo, con le sue nove Muse, come a dire che aveva traslocato dal Parnaso, per prender casa in Vaticano.
Apollo con le sue muse divide i poeti in due gruppi, a sinistra accanto ad Omero vediamo
Dante e Virgilio, mentre Ennio seduto ascolta Omero. In basso da sinistra a destra: Alceo, Corinna, Petrarca, Anacreonte e Saffo. In verità l'unica identificazione certa è quella di Saffo, visto che il foglio che ha in mano riporta il suo nome. Da notare la coralità della scena, l'espressività dei volti e lo splendido accostamento dei colori.
Passando a destra le identificazioni sono ancora più dubbie, l'unica generalmente accettata è quella di Orazio seduto in basso.
L'ultima parete ad essere affrescata è quella che rappresenta la Giustizia.
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Stanze di Raffaello, La Giustizia - clicca per ingrandire |
Nella lunetta vediamo le altre tre virtù cardinali: la Fortezza, che si riconosce dall'elmo, la Prudenza e la Temperanza con le redini in mano. I due affreschi separati dalla finestra, disegnati da Raffaello, sono stati dipinti: probabilmente dal Sodoma quello nel quale Giustiniano consegna a Treboniano le famose Pandette, cioè il diritto civile; da Baldassare Peruzzi Gregorio IX, con il volto di Giulio II, che riceve da Raimondo di Penafort le Decretali, cioè il diritto canonico.
In quest'ultimo affresco vediamo addirittura quattro Papi, visto che alla destra di Giulio II si trova Giovanni de' Medici, suo successore con il nome di Leone X ed alla sua sinistra Alessandro Farnese, divenuto Papa con il nome di Paolo III, mentre dietro a Giovanni de’ Medici si trova il cugino Giulio de’ Medici, poi Papa Clemente VII.
Giulio II sempre più entusiasta di Raffaello non gli diede tregua e appena terminata la Stanza della Segnatura, già nel 1511 il Nostro iniziava la Stanza di Eliodoro. Per le vicende storiche del tempo Raffaello fu chiamato a rappresentare il tema della invincibilità della Chiesa grazie alla protezione divina.
La prima parete ad essere affrescata fu la Cacciata di Eliodoro dal Tempio.
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Stanze di Raffaello, Cacciata di Eliodoro - clicca per ingrandire |
L’episodio vede al centro dell’affresco il grande sacerdote Onias, mentre invoca l’aiuto divino per cacciare Eliodoro dal Tempio di Gerusalemme che voleva profanare. E l’aiuto divino arriva grazie a un cavaliere che abbatte Eliodoro e i suoi seguaci. Nella scena, ancora una volta è raffigurato Giulio II.
Al di là della chiara metafora rappresentata dall’intervento divino che costituisce il tema della Stanza, di eccezionale interesse culturale e storico, testimonianza della libertà del sentire rinascimentale, è la contestuale presenza del Papa e del Grande Sacerdote Onias, a rappresentare l’unicità del Dio, dei Cristiani e degli Ebrei.
Terminata nel 1512 la Cacciata di Eliodoro, Raffaello passò alla Messa di Bolsena, che ricorda un evento miracoloso a seguito del quale fu istituita la festività del Corpus Domini e costruito il duomo di Orvieto.
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Stanze di Raffaello, Messa di Bolsena - clicca per ingrandire |
Memorabili per il realismo, la vivacità e la capacità di interpretarne i caratteri, sono i ritratti dei prelati sulla destra, appartenenti alla corte pontificia e ben noti a Raffaello. Con le mani incrociate sul petto è ritratto Raffaele Riario, con accanto Leonardo Grosso della Rovere, seguiti da Agostino Spinola e Tommaso Riario.
Tutti questi personaggi erano imparentati con Giulio II.
Siamo così arrivati al 1513 quando Raffaello iniziò la Liberazione di San Pietro.
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Stanze di Raffaello, Liberazione di San Pietro - clicca per ingrandire |
La scena mostra al centro incatenato San Pietro, il cui volto ricorda quello di Giulio II, che ancora cardinale fu imprigionato dopo la battaglia di Ravenna. Ma l’angelo inviato da Dio libera Pietro-Giulio II.
Questo affresco mostra la continua evoluzione dell’arte di Raffaello che qui inventa quei tagli di luce, nuovi e drammatici, che influenzarono profondamente Caravaggio.
L’ultima parete ad essere affrescata nel 1514 è quella detta “La Fermata di Attila”.
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Stanze di Raffaello, La Fermata di Attila - clicca per ingrandire |
Nell’affresco Leone Magno, con il volto di Leone X va incontro ad Attila per fermarne l’avanzata. Leone X compare due volte, la prima come cardinale e la seconda come
Papa. La spiegazione è che nel 1513 Giulio II moriva e gli succedeva Leone X, evidentemente quando Raffaello aveva iniziato l’affresco Giulio II era ancora in vita, mentre il futuro Leone X era cardinale, cosicché Leone X compare in due ruoli diversi.
L’affresco è diviso in due parti, dove stanno Attila e gli Unni domina una convulsa drammaticità, sottolineata dagli effetti luministici, mentre nella parte sinistra dove avanza il Papa con la protezione divina regna la serenità.
Morto Giulio II nel 1513, il suo successore Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, prese il nome di Leone X. Umanista e amante delle arti il giovane pontefice, quando fu eletto aveva solo 37 anni, nel 1514 alla morte di Donato Bramante nominò Raffaello primo architetto della Fabbrica di San Pietro, affidandogli per di più l’incarico di “custodia e registrazione dei marmi antichi”, incarico grazie al quale moltissime antiche sculture furono salvate e portate in Vaticano nel cortile del Belvedere.
Leone X oltre ai nuovi incarichi, commissionò a Raffaello la decorazione della Stanza nota come quella dell’Incendio, di questo ambiente Raffaello conservò la volta che era stata affrescata dal suo antico maestro: il Perugino.
Per poter sostenere tanti incarichi, ai quali si aggiungevano le pressanti richieste di mecenati come Agostino Chigi “il Magnifico”, Raffaello preparò con grande cura i disegni e i cartoni per gli affreschi, che venivano poi dipinti dalla bottega e rifiniti da lui stesso.
Nella Stanza dell’Incendio si presume che abbiano lavorato Giulio Romano, Perin del Vaga, Giovanni da Udine e Giovanni Francesco Penni. La prima parete ad essere affrescata nel 1514 è quella che dà nome alla Stanza.
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Stanze di Raffaello, Stanza dell’Incendio - clicca per ingrandire |
Al centro sullo sfondo si vede Leone IV, con il volto di Leone X, che con la sua benedizione spegne miracolosamente l’incendio che stava per distruggere i Borghi (il quartiere prossimo a San Pietro). A sinistra si riconosce Enea con Anchise sulle spalle ed accanto il figlio Ascanio.
L’affresco è stato criticato per la sua asimmetria e le forzate metafore. Il Papa che spegne l’incendio simbolizza l’attività pacificatrice di Leone X, mentre la citazione di Enea vuole sottolineare l’amore del Papa per Virgilio, il tutto in un contesto muscolare poco raffaellesco.
La Battaglia di Ostia fu completata nel 1515.
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Stanze di Raffaello, La Battaglia di Ostia - clicca per ingrandire |
Qui viene rievocato l’intervento di Leone III, che secondo una tradizione non molto fedele alla storia, sconfisse ad Ostia i Saraceni. In questo affresco si pensa che l’intervento della Bottega sia stato maggiore che nel precedente, anche se i disegni sono sempre di Raffaello.
In particolare a Giulio Romano sono attribuite le figure in primo piano e a Giovanni da Udine le architetture e le navi, mentre alla mano di Raffaello si devono i ritratti del Papa e dei due cardinali. Quello in primo piano è Giulio de’ Medici, cugino di Leone X, il futuro Clemente VII, l’altro è il potentissimo e coltissimo Cardinal Bibbiena, che Leone X chiamava Alter Papa, cioè Papa in seconda. Ritratti che ancora una volta rivelano la capacità di Raffaello di leggere nell’anima.
L’Incoronazione di Carlo Magno iniziò nel 1515 e fu completata nel 1516.
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Stanze di Raffaello, Incoronazione di Carlo Magno - clicca per ingrandire |
Qui viene rievocato il famoso evento che si svolse nel 800, quando Leone III, incoronando Carlo Magno nell’antica basilica vaticana, rivendica alla Chiesa la legittimazione della carica imperiale. In parallelo visto che il volto del Papa è quello di Leone X e quello di Carlo Magno è quello di Francesco I di Valois re di Francia, si allude al concordato di Bologna del 1515, con il quale si poneva fine al conflitto tra la Chiesa Romana ed il regno di Francia.
Nell’episodio dell’incoronazione di Carlo Magno, possiamo apprezzare l’inesauribile creatività di Raffaello che qui inventa la cronaca in diretta, come si vede guardando il gruppo dei prelati, sorpresi in atteggiamenti irrituali, mentre l’uomo con la corazza sollecita il portatore.
L’ultima parete ad essere affrescata, il Giuramento di Leone III, fu completata nel 1517.
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Stanze di Raffaello, Giuramento di Leone III - clicca per ingrandire |
L’episodio rappresentato fa riferimento alla frase pronunciata dal Papa: “Dei non hominum est episcopos iudicare”, cioè i vescovi possono essere giudicati solo da Dio.
Visto che il volto del Papa è sempre quello di Leone X, il parallelo è con la conferma, avvenuta nel 1516, della Bolla di Bonifacio VIII, che nel 1300 stabiliva che solo Dio può giudicare il capo della Chiesa. Da non perdere a sinistra i cavalieri di Malta e il ritratto di Lorenzo il Magnifico, padre di Leone X.
Per completare la decorazione dell’appartamento papale, non restava che un ambiente: la grande Sala di Costantino, che Leone X affidò a Raffaello alla fine del 1517.
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Stanze di Raffaello, Sala di Costantino - clicca per ingrandire |
Preso da tanti incarichi, il più gravoso dei quali era la progettazione della nuova basilica di San Pietro, Raffaello, impegnato anche nella Loggia di Psiche della Villa Chigi-Farnesina, procedette con una certa lentezza, tanto che solo nel 1520, poco prima di morire, aveva completato i cartoni; quindi la Sala di Costantino è stata dipinta interamente dalla Bottega, ereditata dal grande Giulio Romano, il più talentuoso degli allievi di Raffaello, che all’epoca aveva 25 anni.
Per quanto la bottega abbia seguito i cartoni del Maestro, nella qualità dei dipinti si nota una certa discontinuità.
Tuttavia, molti ritratti sono eccellenti, tra questi da non perdere l’autoritratto di Giulio Romano, il ritratto di Fugger, banchiere di Carlo V.
Infine nell’affresco della donazione di Roma vediamo l’abside dell’antica basilica di San Pietro, la cosiddetta basilica costantiniana, preceduta dal ciborio con le colonne tortili, forma ripresa poi da Bernini nel suo baldacchino. La sala fu completata nel 1524 quando regnava Clemente VII de’ Medici.
In conclusione le Stanze rappresentano l’essenza della cultura rinascimentale, la manifestazione del genio coinvolgente di Raffaello, la testimonianza della sua insaziabile curiosità e della libertà di una mente sempre alla ricerca di nuovi orizzonti.
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