SUN AN’ SOUL - DREAM AN’ ROME
MUSEO NAZIONALE ETRUSCO
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Museo Nazionale Etrusco - clicca per ingrandire |
Il Museo Nazionale Etrusco è ospitato nella splendida villa che Giulio III, Papa dal 1550 al 1555, fece costruire, secondo lo stile rinascimentale della villa suburbana,
dal Vignola, con l'aiuto di Giorgio Vasari e di Bartolomeo Ammannati.
La villa è articolata in un corpo principale
seguito da due altri corpi
che racchiudono un ninfeo.
Il Museo, il più importante museo etrusco del mondo, espone reperti provenienti dalle città dell'Etruria meridionale.
Come molti Musei Romani, la quantità di reperti esposti - gran parte dei quali è di eccezionale attrattiva - è sovrabbondante.
Il visitatore che volesse soffermarsi anche per breve tempo ad osservare ciascuno di essi, resistenza a parte, impiegherebbe non meno di una giornata. Come in altri casi simili, per non disperdere l'attenzione di chi ci segue e vorrà godersi il Museo, ci siamo concentrati su quelle opere uniche per originalità e bellezza.
La prima che incontriamo, nelle sale dedicate alla città di Cerveteri, è il Sarcofago degli Sposi che ritrae i nobili sposi nel felice momento del banchetto.
L'artista ha raffigurato con estrema cura ogni particolare delle loro acconciature,
restituendo una vivacità che sembra accompagnare gli Sposi nell'aldilà.
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Sarcofago degli Sposi - clicca per ingrandire |
Da Cerveteri passiamo a Pyrgi (che di Cerveteri era il porto), dove nel 1957 il grande archeologo Massimo Pallottino riportò alla luce un santuario costituito da due templi, il più recente dei quali, indicato come tempio A, risale al 470 - 460 a.C.
Nella facciata di questo tempio si staglia l'altorilievo che rappresenta il mito dei Sette contro Tebe.
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Sette contro Tebe - clicca per ingrandire |
Il mito portato sulle scene dal grande tragediografo greco Eschilo (525 – 456 a.C.) e ripreso da vari autori tra i quali il latino Papirio Stazio (40 – 96 d.C.), narra la vicenda dei due gemelli Eteocle e Polinice, figli di Edipo re di Tebe, che alla sua morte li lasciò eredi del trono, con la clausola che avrebbero dovuto regnare un anno a testa. Eteocle il primo ad essere venuto al mondo iniziò a regnare, ma allo scadere dell'anno non volle lasciare il potere al gemello.
Polinice allora fuggì ad Argo, aiutato dal re Adrasto tornò a Tebe, le cui mura avevano sette porte, accompagnato da sei re che assieme a lui avrebbero attaccato ciascuno una porta. Tra i sei re che marciarono su Tebe si trovavano Capaneo spregiatore degli dei, contro il quale interviene lo stesso Zeus, che nel fregio trattiene Polifonte, il difensore della porta di Tebe assalita da Capaneo e fulmina quest'ultimo.
Un altro re al seguito di Polinice era Tideo
protetto da Atena. Tideo sconfigge il suo avversario Melanippo, ma nello scontro resta ferito a morte. Atena corre in suo aiuto portando il filtro dell'immortalità, ma intanto Anfiarao, nemico di Tideo, getta ai suoi piedi il cadavere di Melanippo, sul quale il re si avventa divorandone il cervello.
Atena inorridita si ritrae e abbandona alla morte Tideo.
Intanto i due gemelli si erano scontrati presso una delle sette porte di Tebe restando entrambi uccisi.
In questo straordinario fregio potete apprezzare la maestria dei restauratori italiani, non per niente considerati i migliori al mondo.
Sempre dal tempio provengono delle antefisse di eccezionale fattura. Le antefisse erano poste alle estremita delle travi di sostegno dei tetti, con funzioni sia protettive (contro le intemperie e gli incendi), che decorative.
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Antefisse del tempio A - clicca per ingrandire |
Dal santuario di Pyrgi proviene anche il memorabile ritratto di Leucotea,
figlia di Orcomeno re dei persiani.
Proseguendo nellla nostra visita arriviamo alla città di Falerii, dove troviamo il grande tempio dello Scasato,
al quale appartengono tre indimenticabili statue: quella di Apollo,
quella di Giunone e quella di Mercurio.
Come si conviene ad un grande tempio anche le antefisse sono spettacolose.
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Antefisse del tempio dello Scasato - clicca per ingrandire |
Ancora pochi passi ed eccoci arrivati davanti al memorabile tempio della città di Veio, che per oltre un secolo combattè contro Roma.
Sul culmine del tetto del tempio si trovava la statua del famosissimo Apollo di Veio
affiancato da Ercole che alle prese con una delle sue fatiche uccide la cerva dalle corna d'oro, mentre sull'altro fianco vediamo Latona, ritratta con il piccolo figlio Apollo in braccio.
Tra le statue c'era anche Mercurio, del quale è sopravvissuta solo la splendida testa.
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Apollo di Veio - clicca per ingrandire |
L'autore delle statue e dell'intera decorazione del tempio è identificato nell'erede di Vulca, il grande artista al quale il quinto re di Roma, l'etrusco Tarquinio Prisco, affidò la realizzazione della statua di Giove nel tempio capitolino dedicato al dio. A questo stesso erede di Vulca il settimo re di Roma, Tarquinio il Superbo, commissionò la quadriga che svettava sul tempio di Giove Capitolino. Della decorazione del tempio tra le altre statue faceva parte quella dell'eroe greco Bellerofonte.
Da non perdere le antefisse e le lastre di terracotta dipinta.
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Antefisse del tempio di Veio - clicca per ingrandire |
Dai corredi funebri delle tombe ettrusche sono stati salvati gioielli, oggetti di metallo e centinaia di vasi, molti dei quali, poichè si ispirano a miti greci, richiederebbero ciascuno una sua narrazione.
A solo scopo esemplicativo vi proponiamo questi pochi vasi.
Naturalmente cominciamo dal celebratissimo cratere di Eufronio
che rappresenta il mito di Sarpedonte.
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Cratere di Eufronio - clicca per ingrandire |
A seguire un altro cratere
dove vediamo Ercole che si avventa contro il centauro Nesso che tentava di rapire la sua sposa Deianira.
Nell'anfora che segue appare Teseo
che uccide il Minotauro.
Nel cratere che vi mostriamo appare Dioniso con il corno in mano al centro di un corteo di satiri.
Sull'altro lato dello stesso vaso è dipinto Ercole con Minerva, che guida quattro cavalli contro un guerriero.
In quest'anfora Ercole suona la cetra con ai fianchi Minerva e Mercurio.
In questa coppa appare ancora Ercole questa volta in lotta con le Amazzoni, mentre la lucertola rappresenta la firma del pittore.
Una citazione merita il Bucchero, un'argilla, specialità degli etruschi, che come vediamo è lavorato tanto da apparire di metallo.
E per finire il famoso piatto con l'elefante da parata
realizzato in occasione del trionfo del console Manio Curio Dentato (275 a. C.), vincitore di Pirro re dell'Epiro, in quei tempi considerato il più grande condottiero del mondo.
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Elefante da parata - clicca per ingrandire |
Come abbiamo accennato quelle che vi abbiamo mostrato sono una minima parte delle opere esposte nel Museo.
In particolare tra le centinaia di vasi qualcuno potrebbe giustamente eccepire che ve ne sono di più belli, ma come detto, il nostro scopo è puramente esemplificativo.
Qualche curiosità
Il mito, i miti.
Il mito greco è stato popolare dall'antichità fino ai tempi nostri.
Gli autori ai quali soprattutto si deve la sua fama sono Eschilo, Sofocle ed Euripide, che scrissero le loro tragedie tra il VI ed il V secolo a. C.
Questi straordinari poeti, pur nella loro diversità, hanno un tratto che li accomuna: gli uomini sono visti come vittime inermi e inconsapevoli, soggetti al volere degli dei che li induce a coprirsi di colpe innominabili per poi essere puniti in modo terribile.
Alla base di questa visione c'è il profondo sentimento religioso del mondo greco, che considera giusta la punizione dei colpevoli senza concedere attenuanti.
Nel mito dei sette contro Tebe i due gemelli Eteocle e Polinice, si uccidono vicendevolmente, Eteocle espiando la colpa di non avere rispettato la volontà del padre Edipo, e Polinice per aver portato guerra alla patria.
Tutto ciò è assente nella civiltà romana che, acquisita la propria autonomia dall'influenza etrusca e greca, con il passare del tempo diviene sempre più laica. Leggendo Cesare o Sallustio non si trova traccia degli dei e lo stesso poeta latino Papirio Stazio, nella sua Tebaide, fa dire a Capaneo (uno dei protagonisti dei Sette contro Tebe) “la paura degli uomini genera gli dei”.
Ma già al tempo della prima guerra punica, attorno al 250 a. C. uno dei consoli romani, quando gli auguri gli comunicarono che i sacri polli non mangiavano, con ciò annunciando presagi sfavorevoli alla battaglia, li fece gettare nel mare dicendo “visto che non mangiate, bevete”.
Il mito di Leucotea
Venere sdegnata contro Apollo, che l'aveva sorpresa in intimità con Marte, lo fece innamorare di Leucotea. Era costei figlia di Orcomeno re dei persiani, che per tutelare l'illibatezza della figlia la faceva sorvegliare strettamente, ciò non fermò Apollo che con uno stratagemma riuscì ad entrare nelle stanze di Leucotea donandole le delizie dell'amore. Ma la ninfa Clizia, gelosa di Apollo, svelò ad Orcomeno le debolezze della figlia.
Il re colto da irrefrenabile furore fece seppellire viva Leucotea.
Allora Apollo per riportare in vita l'amata fece germogliare nella terra che la custodiva una pianta d'incenso.
Bellerofonte
fu un eroe greco cantato anche da Omero ed Esiodo. Deve il suo nome a Bellero re di Corinto da lui ucciso. Nel tempio di Veio oltre al ritratto di Bellerofonte si vede anche Pegaso il cavallo alato, cavalcato dall'eroe.
La sua impresa più famosa fu l'uccisione della Chimera, il mostro con la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente.
Mito di Ercole e Nesso
Nesso era un centauro che viveva sul fiume Eveno traghettando i viaggiatori dall'una all'altra sponda. Qui giunse Ercole con la moglie Deianira e volendo attraversare il fiume si rivolse a Nesso, che disse di non poterli traghettare assieme, Ercole allora si gettò a nuoto e passò sull'altra sponda dell'Eveno. Presa in groppa Deianira Nesso si diede alla fuga, ma fu colpito a morte da una freccia scoccata da Ercole. Nell'agonia Nesso confidò a Deianira che se avesse raccolto il suo sangue e con esso avesse imbevuto una veste di Ercole, sarebbe stato sufficiente far indossare all'eroe quella veste perché ignorasse qualsiasi altra donna. La sventurata si fidò delle parole di Nesso e quando anni dopo Ercole, di ritorno dalla Ecalia dove aveva sconfitto il re, portava con se la sua bella figlia Iole, la gelosa Deianira fece indossare ad Ercole la veste mortale contaminata dal sangue di Nesso.
Impazzito dal dolore Ercole si fece bruciare su una pira.
Deianira per il rimorso si impiccò.
Mito di Teseo e il Minotauro
Minosse re di Creta, la città che dominava il mare, chiese a Nettuno di donargli un toro che avrebbe sacrificato in suo onore. Ma il toro era così bello che Minosse tentò di ingannare il dio sacrificandone un altro al suo posto. Allora Nettuno per punire lo spergiuro fece innamorare del toro Pasifae, moglie del re. Dall'unione del toro e di Pasifae nacque una creatura mostruosa il Minotauro, mezzo uomo e mezzo toro.
Per nascondere la vergogna Minosse richiuse il Minotauro a Creta nel labirinto di Cnosso. Venuto a conflitto con gli ateniesi, suoi sottoposti, ordinò che ogni anno mandassero a Creta sette giovani e sette giovinette, che il Minotauro avrebbe divorato. Teseo figlio del re ateniese Egeo, nell'intento di uccidere il Minotauro si fece scegliere tra i sette giovani.
Giunto a Creta conobbe Arianna, figlia di Minosse e Pasifae, che si innamorò dell'eroe e perché non si perdesse nel labirinto di Cnosso, gli diede il filo d'Arianna.
Scovato il Minotauro Teseo l'uccise e grazie al filo d'Arianna ritrovò l'uscita dal labirinto e da qui si imbarcò con Arianna per Atene, ma a metà del viaggio abbandonò l'infelice giovane.
Nettuno sdegnato scatenò contro la nave di Teseo una tempesta che distrusse le sue bianche vele. Per proseguire Teseo dovette montare le vele nere, dimenticando che il padre gli aveva detto che sulla nave dovevano essere montate le vele bianche in caso di vittoria, altrimenti quelle nere.
Egeo viste da lontano le vele nere, disperato si gettò nel mare, che da allora fu chiamato mare Egeo.
Mito di Sarpedonte
Giove, in una delle sue tante trasgressioni amorose con una donna mortale, generò Sarpedonte, la cui sorellastra era Elena moglie di Menelao. Divenuto re della Licia (in Asia Minore), quando gli achei portarono guerra a Troia, si schierò a fianco dei troiani con un potente esercito, accompagnato dal fedele cugino Glauco, che aveva associato al trono e dai fratellastri Claro e Temone.
Nonostante l'età ormai avanzata combatté con estremo valore mettendo in fuga gli eroi greci Aiace Telamonio ed il fratello Teucro. Fece strage degli achei, ma egli stesso fu ferito gravemente. Guarito per intercessione del padre Giove, si scontrò contro Patroclo che indossava le armi di Achille, ma trafitto dalla lancia dell'eroe greco perì.
I greci si avventarono sul corpo di Sarpedonte per straziarlo, allora Giove mandò i due gemelli Ipnos, dio del sonno e Tanatos, dio della morte, perché ne riportassero in Licia le spoglie.
Nel cratere di Eufronio si vede il corpo senza vita di Sarpedonte, sul quale vigila Mercurio.
LE ORIGINI DEGLI DEI
Le affinità tra gli dei romani, greci ed etruschi, consentono di identificare nella stessa divinità le terne:
Giove-Zeus-Tinia,
Giunone-Era-Uni,
Minerva-Atena-Menerba,
Apollo-Apollon-Aplu,
Mercurio-Hermes-Turms,
Ercole-Heracles-Hercle.
Per restare ai più noti.
Ma dove furono generate queste divinità?
Il primo e grande storico occidentale Erodoto di Alicarnasso (490? - 430? a.C.), nelle sue monumentali Storie, scrive: “Anche gli altri dei (oltre ad Ercole) sono quasi tutti venuti in Grecia dall'Egitto, infatti dalle mie informazioni trovo che essi provengono da paesi forestieri, ma sono convinto che siano venuti specialmente dall'Egitto”.
Erodoto argomenta la sua affermazione osservando che in Egitto il culto di gran parte di queste divinità risaliva almeno al 2000 a.C.
Quindi ben prima che si formasse la cultura greca.
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