SUN AN’ SOUL - DREAM AN’ ROME
SANTA MARIA DELLA CONSOLAZIONE
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Santa Maria della Consolazione - clicca per ingrandire |
Ai piedi della Rupe Tarpea fino al 1550 venivano giustiziati i condannati a morte. Nel 1385 Giordanello degli Alberini, nobile romano condannato a morte, lasciò due fiorini d’oro perché fosse qui collocata una immagine della Madonna a consolazione dei condannati.
A Giordanello si deve dunque il nome della chiesa, che attorno al 1585 fu ricostruita nella parte inferiore da Martino Longhi il Vecchio (1534 – 1591) e completata poi intorno al 1830 da Pasquale Belli.
L’interno è a 3 navate con 5 cappelle per lato. Appena entrati nella cappella di destra, in origine della famiglia Mattei, troviamo il ciclo delle storie della Passione affrescate da Taddeo Zuccari nel 1556.
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Storie della Passione - clicca per ingrandire |
Questi affreschi, anche se oggi sono alquanto deteriorati, restano memorabili per l’intensità e l’espressività dei volti.
Segue la cappella Pelucchi con la pala d’altare di Livio Agresti (1508 – 1580), che raffigura la Madonna in trono e Santi. Agresti fu allievo di Perin del Vaga, a sua volta allievo di Raffaello.
L’altare maggiore si deve a Martino Longhi, mentre l’affresco medievale di Santa Maria della Consolazione, è stato ridipinto da Antoniazzo Romano, intorno al 1500.
Molto armoniosa la decorazione del catino absidale.
Nella prima cappella a sinistra da non perdere lo splendido rilievo di Raffaello da Montelupo del 1530, che rappresenta lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina.
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Sposalizio Mistico di Santa Caterina - clicca per ingrandire |
L’edificio accanto alla chiesa è l’antico ospedale della Consolazione, dove fu ricoverato il giovane Caravaggio, che a ricordo di quel turbolento periodo ci ha lasciato il suo autoritratto noto come “il Bacchino Malato”.
L’attuale via della Consolazione arrivata nella omonima piazza prosegue con il vico Jugario, percorso che corrisponde all’antico vicus Jugarius, che dal Foro Romano conduceva al Foro Olitorio, il mercato ortofrutticolo degli antichi romani. Quest’area sotto il profilo archeologico è particolarmente interessante perché in prossimità della chiesa di Sant’Omobono gli scavi del 1937 riportarono alla luce un santuario risalente al VI secolo a. C. dedicato alla Fortuna ed alla Mater Matuta, divinità di oscure origini, che secondo il mito romano altri non è se non Leucotea, la dea del mattino, che approdò a Roma con il figlio Portuno (il dio dei porti) al quale nel Foro Boario, contiguo al Foro Olitorio, fu dedicato un tempio.
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