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TEATRO DI MARCELLO

Teatro di Marcello
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Le prime fondazioni del Teatro di Marcello si devono a Giulio Cesare, alla sua morte Augusto riprese i lavori, che portò a termine nel 17 a. C. dedicando il teatro a Marco Claudio Marcello, figlio della sorella Ottavia, che aveva adottato e che morì giovanissimo.

Il Teatro di Marcello occupò parte del Circo di Flaminio, costruito da Gaio Flaminio Nepote (265 – 217 a. C.).
La facciata esterna della cavea, tutta di travertino, era costituita da 3 piani, i primi due formati da 41 arcate e 42 pilastri.

Il primo piano era d’ordine tuscanico, il secondo ionico; il terzo piano era costituito da un attico movimentato da paraste (pilastri), corinzie.

Si alternavano in tal modo l’ordine tuscanico, quello ionico e quello corinzio, oggi scomparso. In totale l’edificio era alto circa 32 metri. La cavea semicircolare, con diametro pari a circa 130 metri, poteva ospitare da 15 a 20 mila spettatori.

Della scena, affiancata da 2 aule absidate, resta ben poco.

Considerata la natura del terreno e la vicinanza del Tevere il teatro fu costruito su una profonda fondazione in calcestruzzo.

Nel medioevo al tempo dei conflitti baronali il teatro divenne ina fortezza, prima dei Pierleoni poi dei Savelli, che nel ‘500 incaricarono Baldassarre Peruzzi di costruire sulle arcate il palazzo che tuttora vediamo e che nel XVIII secolo passò agli Orsini.

Negli anni trenta del ‘900, in occasione della costruzione della via del Mare, furono demolite le botteghe e le casupole che si erano stabilite tra le arcate e attorno al teatro e contestualmente furono liberate le arcate inferiori che per circa 4 metri si erano interrate. 

Accanto al teatro sorgeva il tempio di Apollo Sosiano, del quale vediamo sul podio 3 splendide colonne corinzie, sulle quali poggia la bella trabeazione (formata da architrave, fregio, cornice); il tempio fu costruito da Gaio Sosio attorno al 30 a. C. al posto di un tempio più antico dedicato ad Apollo Medicus.

Parti del tempio di Apollo Sosiano sono state ricomposte e sono esposte nello splendido museo ospitato nella Centrale Montemartini.

Tempio di Apollo Sosiano, ricostruzioni Tempio di Apollo Sosiano, ricostruzioni
Tempio di Apollo Sosiano, ricostruzioni - clicca per ingrandire

Accanto al teatro di Marcello a fine ’500 Giacomo Della Porta eresse la chiesa di San Nicola in Carcere, che ingloba i resti di tre templi del III secolo a. C.

Nel secolare conflitto che oppose i patrizi e i plebei, le leggi Licinie Sestie del 377 a. C. costituirono una tappa importante, perché tra l’altro imponevano che dei due consoli uno dovesse essere plebeo. Naturalmente questo fu per i patrizi un boccone amaro da digerire e infatti gli storici di parte patrizia, tra i quali vanno annoverati Polibio e Tito Livio, dipingono i consoli plebei come degli inguaribili attaccabrighe e per di più incapaci.

A parte Polibio, che essendo greco non conosceva le peculiarità della società romana, lo stesso Livio, nato a Padova, fu dai suoi contemporanei tacciato di “Patavinitas”, insomma era considerato un provincialotto.

In verità nel corso del tempo la distinzione tra patrizi e plebei aveva perso quei caratteri che avevano portato alla approvazione delle leggi Licinie-Sestie. Infatti i magistrati che ricoprivano una carica che comportava il comando, quindi consoli, proconsoli, pretori e propretori, entravano a far parte della nobilitas. Quindi Roma aveva una nobiltà patrizia ed una plebea, ma ciò che fini per diventare più importante non fu l’origine, ma l’appartenenza e i nobili finirono per fare fronte comune. Contro di loro si levarono gli Uomini Nuovi (Homines Novi), appartenenti a famiglie estranee alla nobilitas. Tra questi emerse Gaio Flaminio Nepote che quale tribuno della plebe nel 232 assegnò le terre a sud di Rimini, che decenni prima erano state conquistate dai romani, agli agricoltori che a causa delle guerre erano caduti in miseria. Secondo la tradizione Gaio Flaminio avrebbe dovuto consultare il Senato, ma prevedendone l’opposizione procedette senza curarsi di chiedere l’autorizzazione.

Le terre che i romani conquistavano entravano a far parte del “Ager Pubblicus”, cioè erano proprietà pubblica, e avrebbero dovuto essere distribuite secondo criteri di equità, ma ciò avveniva molto raramente e la questione dell’Ager Publicus fu risolta solo da Cesare.

Nel 224 Gaio Flaminio fu eletto console e come tale partì per combattere i Galli. I nobili tentarono in ogni modo di impedirne la partenza, tra l’altro argomentando che gli auspici non erano favorevoli, ma Flaminio se ne infischiò degli auspici, partì, sconfisse i Galli e creò la provincia della Gallia Cisalpina.

Nel 220 divenuto censore costruì la via Flaminia che collegava Roma a Rimini e istituì le colonie di Piacenza e Cremona per tenere sotto controllo i Galli. A Roma costruì il primo circo stabile che da lui prese il nome.

Fu eletto nuovamente console nel 217 assieme a Gneo Servilio Gemino. Entrato in carica con il collega, avvertito che Annibale attraversati gli Appennini calava su Roma, cercò di fermarne l’avanzata unendo il suo all’esercito di Gemino, ma costui non riuscì ad arrivare a tempo, forse anche a causa di un fortissimo terremoto. Annibale abile e fortunato intrappolò Flaminio in una stretta vallata vicino al lago Trasimeno. Gaio Flaminio si batté eroicamente. Sconfitto morì sul campo. Il suo corpo non fu ritrovato.  

 

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