logo del sito Romainteractive
Sei in: Home > Storia di Roma > De Bello Germanico > La Campagna contro gli Iagizi

LA CAMPAGNA CONTRO GLI IAGIZI

I
Avendo facilmente respinto questi attacchi Traiano, per forzare gli Iazigi ad attaccare le legioni nelle condizioni a noi più favorevoli, riprese la strategia che aveva adottato contro i Quadi.

Dunque quotidianamente la cavalleria faceva improvvise incursioni nelle terre nemiche, dando alle fiamme ogni cosa utile, soprattutto le biade, indispensabili per la sopravvivenza degli armenti.
I cavalieri avevano il fermo ordine di evitare qualsiasi scontro, non si doveva fare preda, unico scopo era quello di fare terra bruciata.

Quando le fiamme si alzavano e i barbari sopraggiungevano i nostri si dovevano ritirare al riparo delle fortificazioni.
I nostri esploratori erano continuamente all’opera per individuare dove fossero e cosa facessero i nemici.

Con questi accorgimenti una grande estensione del territorio Iazigio fu devastata senza che i nostri subissero perdite.

II
Mentre Traiano combatteva nelle terre degli Iazigi, per la gloria e la sicurezza dell’Impero, Roma era nuovamente in preda alla discordia.

Nerva, avanti con gli anni e di salute malfermo, era stretto tra gli aristocratici e i pretoriani, gli uni e gli atri lo giudicavano troppo debole, inoltre la legge che aveva fatto approvare dal Senato, secondo a quale la scelta del futuro Imperatore sarebbe avvenuta attraverso l’istituto dell’adozione, accendeva le più sfrenate ambizioni.
Tra i più ricchi degli aristocratici c’era chi prometteva ai pretoriani grandi donazioni se avessero sostenuto la loro persona.

Altri portavano avanti Marco Cornelio Materno, governatore della Siria, che disponeva di grandi ricchezze e poteva, con suoi alleati, mettere assieme 4 legioni.
Tuttavia, per quanto Materno fosse considerato un comandante valoroso, nuoceva alla sua candidatura l’età, aveva infatti 57 anni, mentre Nerva pensava che l‘Impero avesse bisogno di esser guidato da mani energiche e per un giusto arco di tempo.
L’Impero doveva essere guidato da un uomo valoroso, esperto, nel pieno dell’età, di retti costumi e gradito all’esercito.

Nerva adottò Marco Ulpio Traiano.

Quando la notizia giunse alle legioni di Traiano un grande entusiasmo si impadronì di tutti i sodati, ma Marco Ulpio, chiamati a sé i centurioni di grado più elevato, ordinò che non ci si abbandonasse alla sfrenatezza, ne fosse trascurata la usuale disciplina. La guerra non era finita.

Materno inviò una lettera a Traiano rassicurandolo circa le sue intenzioni.

 

III
Gli Iazigi, nonostante la nostra cavalleria continuasse a mettere a fuoco il loro territorio, rinunciarono a venire all’attacco delle nostre fortificazioni, troppe volte erano stati respinti dalle nostre legioni con gravi perdite.

Per contro non riuscivano a prevenire le nostre incursioni e ciò in forza della estrema attenzione con la quale i nostri esploratori effettuavano il pattugliamento e individuavano ogni loro mossa.
Passavano così i giorni e non accadeva nulla di significativo.
Tutto ciò non lasciava tranquillo Traiano, che d’altra parte pensava che fosse imprudente avventurarsi troppo all’interno delle terre Iazigie, infatti se avesse scelto questa opzione avrebbe dovuto costruire nuove fortificazioni, ma la linea di collegamento tra le varie fortezze sarebbe stata troppo lunga per poter essere difesa con successo.
Già meditava di concedere ai Quadi le terre Iazigie che aveva occupato, quando fu informato dagli esploratori che i barbari si erano messi in marcia con una lunghissima colonna di carri e cavalieri.
Tuttavia questa colonna invece di puntare verso il campo Romano procedeva in direzione contraria.

La cosa sembrava incomprensibile.
Peraltro gli esploratori asserivano che non di una massa pacifica si trattava, bensì di una colonna militare in piena regola.

Dopo aver valutato diverse ipotesi Traiano congetturò che i barbari intendessero aggirare le fortificazioni Romane, aggirandole da nord.
Come abbiamo detto i legionari avevano costruito una palificazione che dal campo invernale di Teboniano procedeva verso est, fino a raggiungere le foreste che coprono i monti chiamati Carpazi dai Daci.
Il piano sembrava ragionevole, infatti, se ci avessero sorpresi, facilmente avrebbero potuto avere ragione dei nostri presidi, visto che il grosso delle truppe, lasciato il campo invernale, aveva seguito Teboniano penetrando nel territorio nemico.
Traiano dunque chiese agli esploratori di intensificare la vigilanza stando bene attenti a non farsi scoprire dai nemici.
In pari tempo ordinò a Lusio Quieto di partire con la cavalleria Numidica e nel più breve tempo possibile accamparsi nelle foreste dove presumibilmente avrebbero dovuto passare gli Iazigi per piombarci addosso.
Lui stesso si mise in marcia con due legioni, un centinaio di carrobaliste e lasciò il resto delle legioni e la cavalleria Germanica a Teboniano.

Se le intenzioni dei barbari erano quelle che lui credeva, li avrebbe attesi nelle foreste e attaccati di sorpresa.

 

IV
Gli Iazigi, dopo aver puntato verso nord, mutata direzione, si volsero a occidente.

A questo punto divenne chiaro che la loro intenzione era quella di attraversare le foreste dei Carpazi per attaccarci alle spalle.
Tanto era stata lenta la avanzata verso nord altrettanto veloce ora diventava la corsa verso occidente, solo i carri rallentavano il loro procedere, ma essi non potevano rinunciare ai carri con i quali portavano le vettovaglie, gli armamenti e tutto ciò che necessitava per una lunga spedizione.

Intanto Lusio Quieto, addentratosi nelle foreste, ispezionava il terreno cercando di prevedere per quali sentieri si sarebbero inoltrati i  barbari.
Considerato che essi non avrebbero abbandonato i carri, Quieto vide che solo due percorsi erano ragionevolmente praticabili. La scelta tra l’uno e l’altro dipendeva dal punto nel quale sarebbero entrati nelle selve.
Quieto, informato Traiano, che avanzava con le legioni, si accampò su una altura dalla quale poteva facilmente muovere verso quello dei percorsi che gli Iazigi avrebbero scelto, frattanto i nostri esploratori, nascosti nelle selve attendevano l’arrivo dei nemici.

Traiano si rallegrava di come procedessero le cose, infatti, nel momento in cui i barbari sarebbero entrati nelle selve, i loro arcieri avrebbero potuto ben poco e meno ancora i catafratti, il combattimento sarebbe stato un corpo a corpo e in questo i nostri legionari sono insuperabili.
La battaglia doveva essere decisiva, pertanto Marco Ulpio ordinò a Teboniano di mettersi in marcia con la cavalleria Germanica, gli arcieri e i frombolieri e un giusto numero di carrobaliste per chiudere agli Iazigi qualsiasi via di fuga.
Appena i barbari entrarono nella foresta non ci furono più dubbi sul percorso che avrebbero seguito.
Traiano, raggiunto Quieto, fece posizionare le carrobaliste sulle alture che sovrastavano un canalone nel quale gli Iazigi dovevano passare.
Lusio Quieto con la cavalleria Numidica si attestò nel fondo del canalone per bloccare l’avanzata dei barbari, a questo fine furono preparate insidie.

Gli Iazigi procedevano cercando di limitare il rumore provocato dall’avanzare dei carri, loro unica preoccupazione era quella di coglierci di sorpresa, nessuna squadra di esploratori, nessuna prudenza.
Arrivarono infine nel canalone di cui abbiamo parlato. Quando l’ultimo dei loro carri si addentrò nella valle Traiano diede il segnale.
Le carrobaliste furono messe in azione e prima che i barbari si riprendessero dalla sorpresa i legionari si avventarono su di loro.
La colonna nemica fu spezzata in più parti, la cavalleria leggera che si trovava all’avanguardia tentò di forzare il passaggio, ma le insidie e Lusio Quieto con i Numidi la fermarono, tentarono allora la ritirata, ma intanto i nostri legionari avevano occupato la valle.

Avvenne una grande strage.

Intanto i catafratti indossate frettolosamente le corazze si mettevano a difesa dei carri, mentre dall’alto proseguiva il tiro delle carrobaliste.
I barbari, girati i carri, tentarono la ritirata, seguiti da Lusio Quieto e dai legionari.
Come avviene in questi casi tutto si svolgeva nella massima confusione, molti carri erano in preda alle fiamme, inoltre, come abbiamo detto altrove, i cavalieri Iazigi sono soliti portare con sè non meno di quattro cavalcature, questi cavalli abbandonati dai propri padroni, in preda al panico correvano in ogni direzione.

In questo frangente più di seimila cavalli furono catturati dai nostri.
Traiano ordinò di seguire i nemici senza attaccarli.
I barbari ritirandosi non erano ancora usciti dalla foresta quando si trovarono di fronte Teboniano schierato con tutta la cavalleria Germanica.
Riprese la battaglia, ma per gli Iazigi stretti da due parti non c’era speranza di salvezza e mentre pochi dei nostri cadevano i corpi e il sangue dei barbari bagnava il terreno.

Scese la notte.
I legionari secondo il nostro costume si fortificarono, ma ecco che prima dell’alba i barbari mandarono una ambasceria per parlare con Traiano.
Al cospetto del nostro comandante si presentarono i capi degli Iazigi, costoro si prostrarono ai suoi piedi e con grandi pianti dissero che avrebbero fatto tutto ciò che comandava, ma concedesse loro di aver salva la vita.

In questo combattimento tra i barbari 3.000 furono i morti, 2.000 i feriti, 4.000 furono tratti prigionieri.

 

back

Vai al sito dell'Università di Roma Tor Vergata