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SETTEMBRE 96 - MORTE A ROMA

I
Sura partì per Roma scortato da una turma di cavalieri e cambiando cavalli a ogni stazione in 8 giorni raggiunse la meta.

Suo compito era quello di informare Domziano sull’esito della guerra e chiedere la sua approvazione circa i patti che Traiano aveva proposto ai Quadi e ai Marcomanni, ma Sura doveva anche capire a quale punto fosse arrivato il conflitto tra Domiziano e gli aristocratici, se, a suo modo di vedere, Domiziano era in pericolo, doveva dire all’imperatore che, senza pregiudizio per la guerra, la legio Flavia Pia Fidelis poteva essere inviata a Roma.
L’atmosfera che Sura trovò a Roma era cupa, quasi che una tempesta stesse per abbattersi sulla città.

Domiziano viveva nella sua Domus sul Palatino difeso dalla guardia pretoriana, da qui comandava sull’Impero attraverso uomini di sua fiducia e del Senato non faceva nessun conto, mentre pensava piuttosto a costruire grandi opere a Roma e grandi strade in tutto l’Impero.

Nella magnifica Domus, eretta da Rabirio, si riunivano i più famosi poeti e letterati del tempo: Marziale, Giovenale, Quintiliano, Stazio, Silio Italico, anche il greco Plutarco fu invitato a Roma a tenere una orazione.      
 
Secondo gli ordini ricevuti Sura riferì all’Imperatore intorno alla guerra germanica e alle condizioni che Traiano aveva imposto agli Suebi per avere la pace.
Domiziano approvò l’operato di Traiano, aggiunse di tenere gli ostaggi per 5 anni, passati i quali se i Germani rispettavano i patti, fossero resi ai propri parenti.
Di ciò i barbari dovevano essere informati.
Giunto a questo punto Sura disse all’Imperatore, che Traiano lo aveva incaricato di riferirgli che, se lo riteneva utile all’interesse dello stato, la legio Flavia Pia Fidelis poteva giungere a Roma senza pregiudizio per la conclusione della guerra.
Domiziano, orgoglioso com’era, rispose che la guardia pretoriana era più che sufficiente per difenderlo dalle congiure di aristocratici afflitti da insaziabili appetiti.
Congedò infine Sura con ricchi doni ai quali aggiunse una corona d’oro per Traiano.

Mentre tornava da Marco Ulpio una grande tristezza colse Sura, avvertiva il presagio che il fato stesse per compiersi e nulla potesse essere fatto per fermarlo.

II
Sura era appena arrivato all’accampamento di Traiano che quasi nello stesso tempo giunse la notizia che Domiziano era stato assassinato.

Un grande turbamento colse le legioni.

Prima che si diffondessero voci di sedizione Traiano riunì il consiglio di guerra al quale furono invitati i centurioni di ogni grado.
Marco Ulpio volle dare egli stesso la ferale notizia.
I centurioni più anziani che avevano combattuto contro i Catti agli ordini di Domiziano manifestarono una incontrollabile emozione.
Qualcuno osò chiedere di marciare su Roma e fare giustizia degli assassini dell’imperatore.
Traiano ordinato il silenzio si levò sulla tribuna e disse:
“nessuno è afflitto più di me, che sono stato elevato al comando delle legioni Germaniche da Domiziano, ma il nostro dovere è quello di essere fedeli allo stato, quindi per prima cosa dobbiamo concludere questa guerra, tanto più ora che la vittoria appare vicina.
Vinti infatti i Quadi e i Marcomanni, non ci resta che sottomettere gli Iazigi, questo ci ha chiesto Domiziano, questo dobbiamo fare per rispetto della sua memoria.
Ma non crediate che io sia indifferente rispetto a ciò che avviene a Roma, non consentirò che assassini e traditori si impossessino dell’Impero.
Vedete alla mia destra Lucio Licinio Sura, che è appena rientrato da Roma, ebbene egli ripartirà per l’Urbe domani stesso e non andrà da solo, con lui si muoveranno due alae miliarie e una coorte di cavalieri Romani.
Sura su mio ordine farà certo il Senato del Popolo Romano che otto valorosissime legioni in armi e diecimila cavalieri, vigileranno perché l’Impero non cada nelle mani di assassini e di traditori”.
Calmati così gli animi, date le ultime istruzioni a Lucio Licinio, Traiano chiamò a sè Liviano incaricandolo di concludere la pace con gli Suebi, egli stesso partì per Carnuntum fiducioso che la sua presenza e la notizia che Sura era già in viaggio per Roma avrebbe fermato gli animi più accesi.

Frattanto a Roma regnava la paura.

Si diceva che gli assassini di Domiziano fossero entrati nelle sue stanze grazie alla complicità di almeno uno dei due comandanti della guardia pretoriana,
si diceva pure che addirittura alcuni familiari dell’Imperatore fossero coinvolti nella congiura.
Ma di tutto ciò nè allora nè poi si seppe, o si volle sapere, nulla di certo.

Nondimeno i pretoriani inumato il corpo di Domiziano nella stessa Domus Imperiale, minacciavano di assalire il Senato e fare strage.
Gli avvenimenti non si evolvevano dunque secondo le speranze dei congiurati e intanto arrivava la notizia che Sura stava per piombare su Roma e come sempre avviene in questi casi le notizie erano ingigantite. Taluni dicevano che non meno di tre legioni scendevano sull’Urbe, altri affermavano che al comando di Sura sopravveniva l’intera cavalleria Germanica.
In tanta confusione per evitare il peggio, visto che qualche senatore proponeva di fare muovere verso Roma contro Sura le legioni asiatiche, ciò che avrebbe significato la guerra civile, i senatori più assennati decisero di trattare con i pretoriani.
Sura giunto ormai vicino a Roma decise di non entravi subito, ma si fermò attendendo gli eventi.  

Ben presto fu raggiunto dai centurioni di grado più elevato della guardia pretoriana i quali lo informarono che, scartati coloro che si credeva fossero coinvolti nell’assassinio di Domiziano, per la successione si faceva il nome di Nerva.
Era costui un  anziano senatore, noto per la sua rara onestà, la mitezza e alieno dalle congiure.
La sua tarda età e la malferma salute lasciavano pensare che il suo non sarebbe stato un lungo principato.
Il tempo incombeva, non era possibile informare Traiano e attendere la sua risposta, Sura quindi chiese di incontrare Nerva.
A lui Lucio Licinio si rivolse con grande rispetto dicendogli che a Traiano era noto il suo animo giusto e moderato, e faceva affidamento che con la sua saggezza riuscisse a evitare a Roma torbidi e vendette.
Grande sollievo poi avrebbero avuto i legionari nel sapere che Nerva stesso si poneva come scudo a difesa dei familiari di Domiziano, che di nulla erano colpevoli.
Nerva rispose che tutta la sua vita testimoniava quanto amasse la giustizia, quindi chi non aveva commesso gravi delitti contro lo stato non aveva nulla da temere e di ciò egli si faceva garante.

In merito alla guerra in corso aveva la massima fiducia nella capacità di giudizio di Marco Ulpio, procedesse dunque come meglio credeva nell’interesse dello stato.
Diede infine a Sura un suo messaggio personale per Traiano. 

Lucio Cocceio Nerva ascese dunque al comando dell’impero.

Come primo atto Nerva assegnò alla guardia pretoriana lo stesso premio che Domiziano concesse quando divenne Imperatore.

 

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