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RAFFAELLO A ROMA

Raffaello - Madonna del Belvedere
Madonna del Belvedere

Quando Raffaello fu chiamato a Roma da Papa Giulio II, alla fine del 1508, aveva 25 anni, pochi mesi prima Michelangelo, di 8 anni più vecchio, tornava a Roma dopo esserne fuggito nel 1505, lasciando intendere che Papa Giulio II lo  voleva morto, e tuttavia  per incarico di quello stesso Giulio II si apprestava ad affrescare la volta della Cappella Sistina.

Il venticinquenne Raffaello era già famoso come pittore di Madonne e come ritrattista, dando a Donato Bramante, architetto del Papa, nato a Urbino come Raffaello, l’opportunità di sostenerlo.

Fu così che Raffaello ebbe da Giulio II, assieme ad altri grandi artisti - il Sodoma, Lorenzo Lotto, Baldassarre Peruzzi - l’incarico di affrescare i nuovi appartamenti papali, quelli che oggi chiamiamo le Stanze di Raffaello.

I lavori iniziarono alla fine del 1508 con la volta della Stanza della Segnatura, che avrebbe dovuto essere la biblioteca del Papa, ma che divenne la Sede del principale tribunale ecclesiastico, la “Segnatura Gratiae et Iustitiae”.

Ciò che Raffaello dipinse, ed era la prima esperienza di Raffaello nel campo dell’’affresco,  piacque tanto al Papa che gli affidò tutto il suo appartamento, ordinando di distruggere i preesistenti affreschi del quattrocento. In realtà Raffaello salvò gli affreschi del suo antico maestro, il Perugino e trattenne presso di se il Sodoma.

Cliccando sulla foto navigabile sotto riportata potete vedere in dettaglio la volta:

Iniziati nel 1509 gli affreschi della Stanza della Segnatura (il Parnaso, la Scuola d’Atene, la Disputa del Sacramento, la Virtù e la Giustizia), furono completati nel 1511.

La Stanza della Segnatura fu sin dall’inizio considerata uno delle massime espressioni dell’arte italiana e diede a Raffaello la fama di maggior pittore vivente.

A Roma Raffaello conobbe Agostino Chigi il “Magnifico”, che oltre ad essere ricchissimo fu anche uno dei maggiori mecenati del Rinascimento e per Agostino nel 1511 dipinse nella sua villa il celebre Trionfo di Galatea.

Iniziò per Raffaello un periodo di frenetica attività, da un lato Papa Giulio II premeva perché proseguisse ad affrescare le Stanze, dall’altro i committenti privati insistevano per avere almeno una sua opera e infine la sua insaziabile curiosità lo spingeva a studiare ed  a percorrere nuove esperienze.

Nel periodo romano, che va dal 1508 al 1520, anno della sua immatura scomparsa, possiamo individuare diversi filoni di attività.

In primo luogo, spinto dalla sua insaziabile curiosità, si immerse nello studio di Roma che, con tutte le imponenti testimonianze dell’arte antica, segnò profondamente la sua sensibilità artistica e un momento fondamentale nella evoluzione del percorso artistico di Raffaello fu dovuto al ritrovamento nel 1506, presso le terme di Tito, del Gruppo del Laocoonte, che Papa Giulio II salvò facendolo portare in Vaticano nel cortile del Belvedere assieme a molte altre sculture antiche, che Raffaello poteva vedere mentre affrescava la Stanza della Segnatura.

Si è molto parlato dell’influenza di Michelangelo su Raffaello, influenza che se c’è stata viene ravvisata nella plastica torsione dei corpi, alla quale Raffaello talora ricorre, anche se in misura più contenuta rispetto a Michelangelo, ma se osserviamo le prime opere famose di Michelangelo, come la Pietà Vaticana (1497 – 1499), o il David (1501 – 1504), o ancora la Madonna di Bruges (1503 – 1505), di queste torsioni plastiche non c’è traccia, mentre invece ne è somma espressione proprio il gruppo del Laocoonte, copia romana di un originale ellenistico del II secolo a. C. attribuito allo scultore Agesandro di Rodi.

Michelangelo iniziava a lavorare alla Cappella Sistina a metà del 1508 e Raffaello cominciava le Stanze alla fine dello stesso anno.

Pertanto è plausibile che sia Michelangelo che Raffaello abbiano tratto ispirazione dall’arte medio ellenistica in genere e dal Laocoonte in particolare, dando luogo a raffigurazioni coerenti con le loro diverse sensibilità artistiche.

Altro episodio non meno importante fu la riscoperta della Domus Aurea con i suoi cicli di affreschi e le decorazioni, le cosiddette grottesche. La Domus Aurea, assieme alle Terme di Tito ed al Pantheon fu studiata a fondo da Raffaello, che nelle Logge Vaticane elaborò lo stile decorativo basato su stucchi e grottesche ispirato appunto dalla Domus Aurea.

In quello stesso tempo l’amicizia con il Bramante e lo studio del Pantheon fece scoprire a Raffello la visione spaziale, che nella Stanza della Segnatura trova espressione nell’affresco della Scuola d’Atene, dove vediamo Platone ed Aristotele procedere entro una prospettiva architettonica.

Raffaello - Liberazione di San Pietro  
Liberazione di San Pietro  

Volendo riassumere al gruppo del Laocoonte Raffaello è debitore della plasticità delle sue raffigurazioni, a Bramante ed al Pantheon deve la visione spaziale, alla Domus Aurea non solo lo stile decorativo, ma soprattutto l’interpretazione della Pittura come narrazione.

Peraltro il suo istinto innovatore lo indusse a continuare a percorrere nuove strade e nell’affresco della Liberazione di San Pietro della Stanza di Eliodoro, vediamo l’irrompere di quei contrasti di luce che tanto influenzarono Caravaggio.

Nelle attività artistiche di Raffaello distinguiamo tra quelle istituzionali, svolte per incarico papale; quelle realizzate per Agostino Chigi e quelle non istituzionali, svolte cioè per committenti privati.

Le attività istituzionali furono svolte per Papa Giulio II e Leone X e comportarono la decorazione della Stanza della Segnatura (1508 – 1511), della Stanza di Eliodoro (1511 - 1514), della Stanza dell’Incendio (1514 – 1517) e della Sala di Costantino, commissionata a Raffaello nel 1517 da Leone X, per la quale Raffaello preparò i disegni ed i cartoni, ma nel 1520, sopravvenuta la morte, fu affrescata da Giulio Romano, Giovanni Francesco Penni e aiuti.
Nel 1514 morto Bramante, Papa Leone X affidò a Raffaello la direzione dei lavori per la costruzione di San Pietro e contestualmente l’incarico di “custodia e registrazione dei marmi antichi”. Compito che Raffaello svolse con grande impegno e consentì di salvare dalla distruzione e dalla dispersione innumerevoli sculture antiche. In questo ambito Raffaello si era proposto di realizzare una pianta di Roma Imperiale, frutto del rilievo sistematico delle strutture architettoniche, purtroppo la sua precoce morte ci ha privato di quello che sarebbe stato un contributo fondamentale per la conoscenza di Roma antica. Sempre Papa Leone X affidò a Raffaello il completamento delle Logge del Palazzo Apostolico che Bramante aveva lasciato incompiute e che Raffaello decorò secondo lo stile mutuato dalla Domus Aurea.

Infine disegnò i cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina.

Per Agostino Chigi dipinse nella sua Villa, che oggi chiamiamo della Farnesina, il Trionfo di Galatea, la loggia di Amore e Psiche e un padiglione per banchetti distrutto a fine ottocento in occasione della canalizzazione del Tevere.
Inoltre, sempre per Agostino, progettò la cappella Chigi a Santa Maria del Popolo e affrescò le Sibille e Profeti nella cappella Chigi di Santa Maria della Pace.

Per la committenza non istituzionale, nel periodo romano, dipinse oltre 40 opere, esposte per la maggior parte nei più importanti musei del mondo.

Per sostenere una così imponente e impegnativa massa di lavoro Raffaello cooptò nella sua bottega, che all’inizio lavorava a casa sua, artisti che trascinati dalla personalità del maestro si espressero in modo straordinario.

La bottega di Raffaello fu a suo modo unica e certo diametralmente opposta a quella di Michelangelo, i cui aiuti erano confinati alla preparazione dei colori e degli intonaci per gli affreschi. Al contrario Raffaello delegando agli aiuti parti significative delle opere ne favorì la crescita artistica, tanto che nella sua bottega svilupparono il proprio talento Giulio Romano, Lorenzo Lotti (il Lorenzetto), Giovanni da Udine, Perin del Vaga, Polidoro da Caravaggio, Giovanni Penni, Guillaume de Marcillat,  Alonso Berruguete, Tommaso Vincidor, Vincenzo Tamagni, Raffaellino del Colle. Questi aiuti occasionalmente venivano affiancati da artisti affermati e amici di Raffaello, come il Sodoma e Baldassarre Peruzzi.

 

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