LA CAMPAGNA CONTRO I QUADI
I
Quando la notte era ancora fonda dal nostro accampamento uscì il legato Gaio Flacco Teboniano con 10 coorti, carrobaliste e catapulte per lanciare palle di fuoco.
Come avevano informato gli esploratori i barbari si erano attendati a meno di 3 miglia dal nostro campo, quindi occorse poco tempo a Teboniano per dispiegare le proprie forze nelle vicinanze dell’accampamento nemico e posizionare le carrobaliste e le catapulte e ciò fu fatto in modo da lasciare ai nemici una via di fuga.
Quando tutto fu pronto, dato il segnale, le macchine da guerra furono messe in funzione, mentre i nostri bucinatores facevano un chiasso tremendo.
Le tende presero fuoco, gli animali spaventati correvano all’impazzata, i guerrieri seminudi sorgevano dal sonno e mentre cercavano le armi cadevano sotto i nostri proiettili.
Nel frattempo la nostra cavalleria aveva raggiunto Teboniano, ma secondo gli ordini ricevuti non attaccò i barbari e restò a protezione dei legionari.
I Quadi infine recuperati quanti più cavalli poterono si diedero alla fuga.
Tra i Quadi molti furono i feriti e circa duemila dei loro furono presi prigionieri, i morti non furono più di 200. Tra i nostri ci furono soltanto 50 feriti.
La nostra cavalleria iniziò allora a seguire i Quadi senza impegnarli in alcuno scontro, era evidente che i barbari si ritiravano cercando di ricongiungersi con gli attesi rinforzi, non era quindi nostro interesse attaccare battaglia con il rischio di veder sopraggiungere nuove e fresche forze nemiche.
II
I legionari vincitori tornarono al campo, dove Traiano li lasciò di presidio, mentre con tutte le altre forze si spingeva nelle terre dei Quadi avanzando verso oriente, per impedire che gli Iazigi venissero in loro soccorso.
Mentre accadevano queste cose i nostri lasciati a difesa del ponte avevano costruito una munitissima fortificazione, in tal modo l’attraversamento del Danubio poteva avvenire senza pericolo. Informato di ciò il legato di Traiano a Carnuntum, Tiberio Claudio Liviano imbarcò sulle navi della flotta Pannonica le vexillationes, parte della cavalleria numidica e i rifornimenti necessari, soprattutto grano. Al comando di questa colonna era Decimo Terenzio Scauriano.
Attraversato il ponte Scauriano seguì le tracce di Traiano e passò la notte presso il nostro primo accampamento. La mattina seguente, appena tornarono gli esploratori che non avevano incontrato tracce del nemico, Scauriano si rimise in marcia, mentre Traiano rallentava il passo dei suoi per facilitare il ricongiungimento.
Quando Traiano pensò di essere avanzato a sufficienza verso oriente, trovato in riva ad un fiume un luogo adatto si fermò e fece costruire un nuovo accampamento per sé e per le forze di Scauriano che stavano sopraggiungendo.
Appena il campo fu pronto Traiano inviò veloci cavalieri con l’ordine per Lusio Quieto, che comandava il nostro distaccamento di cavalleria, che più che inseguire accompagnava i Quadi in fuga, di distaccarsi dal nemico e raggiungerlo nel più breve tempo nel nuovo campo.
Mentre i nostri soldati erano impegnati nella costruzione dell’accampamento,
i cavalieri che Traiano aveva tenuto con sé, uscirono dal campo e cominciarono a bruciare i pascoli dei nemici. Secondo una loro abitudine i Germani quando iniziano una guerra, mandano le donne, i vecchi e gli infanti, nelle zone più interne e più inaccessibili, pertanto il territorio circostante era completamente disabitato. I nostri trovarono soltanto capanne e casupole abbandonate.
Tutto fu dato alle fiamme.
III
Traiano fatte riposare le truppe e lasciato un forte presidio nel secondo accampamento, perché fosse in grado di dissuadere gli Iazigi dal prender nessuna iniziativa, si mosse, ma questa volta verso occidente fino al confine delle terre dei Cotini.
Questi Cotini sono un popolo di origine celtica e sono stati stanziati dove oggi si trovano dal divino Augusto. L’imperatore pensava che la presenza di una popolazione celtica, dedita alle coltivazioni e al commercio, avrebbe influenzato i selvaggi popoli vicini e in ogni caso la presenza di alleati fedeli come i Cotini avrebbe avvantaggiato l’impero.
In realtà i Germani e i Sarmati mai rinunciarono ai loro costumi, tuttavia per decenni la tenaglia, rappresentata dall’esercito Romano e dai Cotini, mantenne sufficientemente calma la regione, ma quando l’impero cadde nella discordia, le legioni romane lasciarono gli avamposti e i Cotini si trovarono abbandonati.
Appena Traiano si avvicinò alle loro terre i Cotini inviarono una ambasceria formata da tutti i loro cittadini più illustri. Traiano li accolse benignamente, essi allora si gettarono ai suoi piedi e piangendo raccontarono in quali misere condizioni erano caduti, quando le legioni Romane si erano ritirate. Ormai dovevano pagare tributi sia ai Quadi che agli Iazigi.
I Quadi poi, uomini barbari, iracondi, temerari, prendevano i giovani più gagliardi e li trascinavano a scavare nelle loro miniere, sperando di cavar fuori l’oro, di cui sono massimamente avidi.
Non si potevano più sopportare i loro oltraggi, se i Romani non li avessero soccorsi altro non restava da fare che attraversare il Danubio e riparare nella Provincia Romana.
Traiano dopo averli confortati promise che, sconfitti i comuni nemici, li avrebbe liberati da ogni gravame, stessero dunque fiduciosi e se volevano fare cosa gradita al popolo Romano, fornissero alle nostre legioni rifornimenti di grano, visto che nelle terre dei Quadi il frumento non è quasi coltivato.
I Cotini assicurarono che avrebbero provveduto largamente. Traiano fece consegnare loro ricchi doni e così rassicurati essi tornarono nelle proprie terre.
Marco Ulpio ben sapeva che la sua venuta significava per i Cotini la libertà dall’oppressione, quindi allorchè pose il terzo campo poteva dire di avere le spalle coperte e i rifornimenti assicurati, senza doverli fare arrivare da Carnuntum.
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