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TRAIANO IMPERATORE

I
Traiano diffidava degli Iazigi, pertanto ritenne che le condizioni della resa dovessero essere severe.

Molti legionari chiedevano che tutti i capi fossero messi a morte secondo l’antico costume.
Marco Ulpio non pensava che questa sarebbe stata la migliore decisione, ormai conosceva come queste genti agivano, ritenne dunque che la cosa migliore per l’Impero fosse che il seme della discordia prosperasse tra loro.
Pertanto lasciò liberi i capi, trasse un gran numero di prigionieri, trattenne presso di se anche i feriti, confiscò tutte le corazze dei catafratti, donò la preda ai legionari e ai cavalieri, si trattava di oltre 500 carri e più di 10.000 cavalli, oltre agli armenti.
In conclusione contando i morti, i feriti e i prigionieri, l’intera cavalleria catafratta era stata annientata.
Al resto dell’esercito Iazigio fu imposto di consegnare le armi e i cavalli e così disarmati e appiedati i guerrieri poterono tornare nelle proprie terre ad annunciare la sconfitta.

Come Traiano aveva immaginato tra i capi degli Iazigi sorse un feroce conflitto, nessuno voleva essere considerato il responsabile della sconfitta, ognuno attribuiva all’altro la colpa e la vergogna, poco mancò che non si arrivasse alle armi.
Finì che ogni tribù andò per la sua strada con i propri capi.
Quelli che abitualmente vivevano con le proprie mandrie nelle prossimità dell’esercito Romano, chiesero a Traiano di essere autorizzati a tornare nelle proprie terre, perché non sapevano dove altro andare ed erano affamati.
Traiano fu lieto che i barbari riconoscessero la sua autorità e per dimostrare che chi si rivolgeva in pace ai Romani nulla aveva da temere, concesse di tornare e provvide alle loro più immediate esigenze.
Con questo atto di generosità è finita una lunghissima guerra che era iniziata ben otto anni prima, una guerra che per lungo tempo si è trascinata con alterne vicende fino a quando Domiziano nominò Traiano comandante in capo, da quel momento tutto è cambiato e uno dopo l’altro Traiano ha piegato i Quadi, i Marcomanni e infine gli Iazigi.   
Quando Nerva ricevette la notizia della vittoria riunì il Senato che concesse a Traiano il titolo di Germanicus e proclamò dieci giorni di festa.

Nerva infine autorizzò Traiano a prendere tutte le iniziative che riteneva necessarie per assicurare i confini dell’Impero.

 

II
A Carnuntun Traiano trovò ad aspettarlo Plotina, nondimeno concesse al riposo solo poche giornate, trascorse le quali ci rimettemmo in viaggio, con al seguito Apollodoro di Damasco.

Scortavano  Traiano i cavalieri del pretorio ed un ala quingenaria formata da cavalieri Batavi e Tencteri.
Traiano intendeva ispezionare il limes Germanico-Retico per prendere gli opportuni provvedimenti.

La nostra prima tappa fu Vindobona (= Vienna) dove fummo accolti con grande tripudio, ma il castra era ben noto, quindi, trascorsa la notte, il mattino seguente eravamo di nuovo in cammino.
La tappa successiva era Castra Regina (= Ratisbona) che sorge  alla confluenza tra il Danubio e il fiume che i Germani chiamano Regen.
Fu un viaggio lungo e tutt’altro che riposante, visto che Traiano volle ispezionare, tutte le fortificazioni e i castella che incontravamo lungo la strada, mentre Apollodoro prendeva nota delle distanze tra ogni nostro presidio, faceva misurare dai suoi assistenti le dimensioni di ogni manufatto e ne rilevava la struttura.
Marco Ulpio ci spiegò che voleva che si facesse una mappa dettagliata di ogni nostro presidio per essere in grado di valutare quanti soldati potesse ospitare e quali fossero le sue difese, tutto questo per decidere se fosse necessario ampliare il presidio, rinforzarlo, insomma quali lavori fossero necessari perché rispondesse al meglio alle esigenze dell'Impero.

Dopo esserci fermati a Castra Regina ripartimmo per Augusta Vindelicorum (= Augsburg), città fondata dal Divino Augusto, che si trova sul fiume Lech, prima che esso si immetta nel Danubio.
Lungo la strada visitammo quattro fortezze legionarie e vari presidi minori e sempre Apollodoro fece il rilievo di ogni fortificazione prendendo accurate misure.
Come suo solito Traiano concesse pochi giorni al riposo, del resto anche ad Augusta Vindelicorum non restò in ozio, infatti non contento di ispezionare il castra, accompagnato da Apollodoro, volle visitare la città, che per essere il capoluogo della Retia è particolarmente importante.
Dopo questa visita, poiché la città si ingrandiva in modo disordinato, Traiano prese questo provvedimento: ordinò che i geometri Romani disegnassero sia un nuovo asse viario, che il tracciato delle fognature e parimenti ordinò che la fucina del castrum fornisse i mattoni per la costruzione di nuovi edifici.  

Partimmo poi per un lungo viaggio che ci doveva portare a Vindonissa (= Windisch).
Attraversammo il Danubio a Guntia (= Gunzsburg) e da qui proseguimmo verso occidente visitando una decina di fortezze e non ricordo quanti presidi, mentre Apollodoro, infaticabile, procedeva con i suoi disegni.
Arrivammo infine a Vindonissa che è allo stesso tempo il castra della legio XI Claudia e una importante città alla quale le acque sono addotte da un acquedotto, che abbiamo costruito recentemente, come pure abbiamo costruito pregevoli edifici pubblici, tra i quali un anfiteatro. 
Un breve riposo e volgemmo a nord alla volta di Agentoratae (= Strasburgo) che si trova in vicinanza del fiume Reno e ospita la legio VIII Augusta, quel castra è noto perché fu la base di partenza per la conquista degli Agri Decumates e lo spostamento verso oriente del limes Romano.
Ad Argentoratae facemmo una breve sosta e subito riprendemmo il cammino ancora verso nord diretti a Mogontiacum (= Magonza), che è la più importante città della Germania Superiore, essa si trova in posizione strategica alla confluenza dei fiumi Reno e Meno ed è la base della flotta renana.

In passato il castra ospitò fino a due legioni, ma dopo la rivolta di Saturnino, Domiziano decise che nessun castra dovesse ospitare più di una legione.
Oggi a Mogontiacum è stanziata la legio XXII Primigenia, presso la quale presta servizio quale tribuno militare Publio Elio Adriano, un giovane cugino di Traiano.
Mogontiacum è il caposaldo al quale si appoggiano quindici fortezze, che costituiscono il saliente Romano entro le terre dei Catti, grazie al quale questi sono tenuti lontani dalla tribù dei Marcomanni Naristi.
Traiano volle ispezionare con grande cura queste fortezze e Apollodoro con altrettanta cura procedette con i suoi rilievi.
Come in precedenza abbiamo ricordato, prima di essere sconfitti da Domiziano, i Catti erano stati per noi un costante pericolo e avendo divisato di invadere la provincia della Germania Inferiore tentarono di trascinare con se i Marcomanni, ma, con nostro grande sollievo, il loro re Maroboduo rifiutò di seguire i Catti.
Nondimeno per evitare rischi futuri Domiziano spinse il nostro limes verso oriente, creando il saliente che è sostenuto da Mogontiacum. 

Le ispezioni per essere così accurate non furono brevi, tornati al fine a Mogontiacum, secondo il suo costume Traiano, accompagnato dal fido Apollodoro e con al seguito Publio Elio Adriano, visitò la città, che ha un gran numero di abitanti, infatti già la sua fortunata posizione attira molte genti, a queste si aggiungono le famiglie dei legionari e degli ausiliari. Per queste e altre ragioni Traiano voleva che Mogontiacum avesse l’aspetto di una vera città Romana, in tal modo diede ad Apollodoro l'occasione di passare il tempo progettando una nuova città.
Questa tappa fu particolarmente piacevole, ma poiché l’estate si avviava verso il termine Traiano ordinò che ci rimettessimo in cammino e puntando sempre verso nord andammo prima a Confluentes (= Coblenza), una città che si trova in magnifica posizione alla confluenza dei fiumi Reno e Mosella, successivamente, procedendo ancora verso nord lungo la strada che costeggia il Reno, raggiungemmo la capitale della Germania Inferiore, Colonia Agrippina (= Colonia).
Qui i Romani hanno costruito un grande ponte che attraversa il Reno e sempre qui fa scalo la flotta renana.

Traiano volle attraversare il Reno e ispezionò con grande cura la fortificazione che ad oriente, nella terra dei Germani, presidiava l’accesso al ponte.
La città è molto grande e densamente abitata tanto che, per le esigenze della popolazione, è stato necessario costruire uno dei maggiori acquedotti della Germania.
Lasciata Colonia Agrippina, procedendo lungo il Reno verso nord, siamo giunti a Castra Vetera (= Colonia), è questa una grande fortezza sul Reno, che costituisce uno degli approdi della flotta renana.
Al di là del Reno si estendono grandi foreste, queste sono  le terre dei Tencteri, che dopo essersi scontrati più volte contro il nostro esercito, oggi sono diventati fedeli alleati, tanto da fornire numerose alae di cavalleria ausiliaria.
Da qui ripartimmo per Noviomagus (= Nimega) dove si trova la legio X Gemina.
E’ questo un castra allocato tra i fiumi Reno e Mosa all’estremo nord della Germania Inferiore, sull’altra riva del Reno si trovano i Batavi, nostri buoni alleati, prodi guerrieri, grandi cavalieri, essi militano nella nostra cavalleria ausiliaria e per il loro valore fanno anche parte della guardia pretoriana dell’Imperatore.
Il castra era ben munito, ma l’abitato era miserevole, perciò Traiano ordinò ad Apollodoro che disegnasse una città che fosse tra le più belle della Germania Inferiore.   

Dopo aver visitato una cinquantina di fortezze e non so dire quanti presidi minori eravamo alfine arrivati al termine delle nostre fatiche e già la stagione cominciava a declinare.

Ci imbarcammo allora sulla flotta renana e questa volta senza fatica tornammo a Carnuntum.

 

IV
Appena tornato a Carnuntum Traiano, riunitosi con Apollodoro di Damasco, fece il punto della situazione intorno allo stato dei Castra  e di tutte le fortificazioni Romane.

Atteso che la stagione invernale si approssimava prese i più immediati provvedimenti, in primo luogo ritenne necessario migliorare lo stato degli alloggiamenti per difendere i legionari dal gelo invernale. Dove era possibile si dovevano costruire edifici in pietra, la flotta Renana fu immediatamente messa all’opera per trasportare i materiali da costruzione dalle cave ai castra ed alle fortezze.
In secondo luogo, per fortificare il limes, Traiano ravvisò la necessità di ergere una palificazione continua che da Guntia arrivasse sino a Castra Vetera. Allo scopo diede ordine che si provvedesse a raccoglier il legname necessario. La palificazione doveva esser alta non meno di 2 metri, se essa era prospiciente ai fiumi ogni 200 metri doveva essere difesa da una torretta, utile sia per l’avvistamento che per ospitare macchine da guerra. Dove la palificazione si allontanava dai fiumi si doveva scavare un fossato largo 3 metri e profondo altrettanto. Secondo i calcoli di Apollodoro si sarebbero dovute costruire circa 200 nuove torrette, mentre il fossato complessivamente doveva essere lungo 70 miglia.

Tutti questi lavori si dovevano completare prima del stagione invernale, durante la quale nei castra si dovevano costruire macchine da guerra, baliste, carro baliste e catapulte, che successivamente dovevano essere distribuite nelle fortificazioni.
Con la nuova stagione, secondo le indicazioni di Apollodoro, si dovevano raccogliere i materiali e procedere alla riedificazione delle città, in particolare Augusta Vindelicorum, Mogontiacum e Noviomagus.

Presi questi provvedimenti ed essendo ormai giunta la stagione invernale Traiano iniziò a presiedere le sessioni di giustizia.

 

V
Frattanto Lucio Licinio Sura, che come abbiamo detto su ordine di Traiano era rimasto a Roma, informò Marco Ulpio che la salute di Nerva declinava e allo stesso tempo si avvertiva in città una grande agitazione. In particolare erano in fermento i pretoriani e i soliti vecchi potentati.

Era pur vero che Traiano era stato adottato da Nerva, ma il pericolo di torbidi restava immanente.
Soprattutto si doveva evitare che i pretoriani diventassero strumento degli oligarchi.
Abbiamo detto che nella guardia pretoriana militavano alcune centinaia di guerrieri Batavi, Traiano allora decise di inviare a Sura, al comando del suo giovane cugino Publio Elio Adriano, un ala quingenaria di cavalieri Batavi, che per un verso rafforzassero la presenza di Sura e per altro verso, in forza dei legami di sangue, richiamassero alla fedeltà i pretoriani Batavi.
Sura frattanto andava dicendo che Traiano forte di otto legioni vittoriose e di innumerevoli ausiliari avrebbe fatto rispettare la volontà di Nerva, se occorreva anche con la forza.

Dalla scintilla non sorse un grande incendio, il mormorio cessò, l’agitazione si spense. 
Nerva sempre più indebolito si avviava serenamente verso la fine.
Nel mese di Febbraio del 98 Marco Cocceio Nerva venne a morte, aveva retto l’impero per due anni, dando prova di grande rettitudine e mostrando di aver più cura delle sorti dell’Impero che di se stesso.
Secondo la sua volontà il Senato nominò Traiano Imperatore. 

Adriano volle essere il primo a portargli la notizia e cavalcando senza soste arrivò a Carnuntum da Marco Ulpio precedendo ogni altro.
Traiano accolse la notizia con il suo solito bonario distacco, peraltro decise che non fosse nell’interesse del Popolo Romano che nella presente situazione abbandonasse il fronte, pertanto scrisse al Senato che il funerale di Nerva fosse celebrato con tutti gli onori e che l’urna con le sue ceneri fosse posta nel mausoleo del Divino Augusto.

Egli stesso, dopo aver consolidato il limes, sarebbe venuto in Senato a Roma.

FINE

 

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