ARCHEO TOUR - FORO DI TRAIANO
L’ultimo e il più splendido dei Fori Imperiali era il Foro di Traiano, tanto che quando nel 357 l'imperatore Costanzo II
figlio di Costantino, arrivò a Roma, entrato nel Foro di Traiano, rimase folgorato dalla magnificenza delle costruzioni, fino a dire che in tutta la sua vita al massimo avrebbe potuto imitare il cavallo della statua equestre di Traiano, che giganteggiava nella piazza del Foro.
Le fonti antiche dicono che il Foro fu opera di Apollodoro di Damasco,
il fedele architetto che aveva seguito Traiano nelle campagne daciche, quando tra le altre cose costruì il ponte di Drobeta,
una delle meraviglie dell'antichità, che, su 20 piloni di pietra, attraversava il Danubio per 1.135 metri. Il Foro fu inaugurato nel 112, sei anni dopo la conquista della Dacia. Secondo tradizione ai costi sostenuti per la costruzione contribuì il favoloso tesoro di Decebalo (=forte come 10 uomini),
il re dei Daci vinto da Traiano. Peraltro i provvedimenti di natura economica presi da Traiano all'indomani della sua elezione nel 98 e segnatamente la costruzione di grandi opere pubbliche: il porto di Ostia,
il porto di Ancona, la via Appia Traiana,
il canale di Traiano, che congiungeva il delta del Nilo al mar Rosso, e ancora strade, acquedotti e tante altre opere in ogni parte dell'impero, favorirono un impetuoso sviluppo economico e con esso la crescita delle entrate fiscali. Traiano disponeva dunque di abbondanti risorse per finanziare la costruzione delle opere da lui volute.
Apollodoro di Damasco
Ma dove poteva sorgere questo grandioso Foro, che nelle intenzioni di Apollodoro doveva occupare un'area di 310 metri per 185?
Il Foro di Augusto
e quello di Cesare confinavano con la collina che scendendo dal Quirinale si ricongiungeva con il Campidoglio, chiudendo l'accesso al Campo Marzio.
Per risolvere il problema Apollodoro concepì l'idea di sbancare la collina e ricavare così lo spazio necessario. L'altezza della colonna Traiana indica il punto più alto dello sbancamento.
E tuttavia lo spazio così ricavato, seppure di poco, non era sufficiente. Ma Apollodoro non era uomo da fermarsi alla prima difficoltà.
Quale era il problema?
Il problema era Cesare, che con il suo Foro occupava una parte dell’area che serviva ad Apollodoro per costruire il Foro di Traiano.
“Poco male, spostiamo il Foro di Cesare”, disse e fece Apollodoro. E così il tempio di Venere Genitrice del Foro di Cesare
fu smontato e ricostruito in modo da liberare lo spazio richiesto.
Come abbiamo ricordato il Foro di Traiano fu inaugurato nel 112, mentre la guerra dacica finì nel 106, quindi l'intera opera fu completata in circa 5 anni.
Miracoli dell'ingegneria romana.
Certamente l'organizzazione del lavoro, le tecniche e le tecnologie impiegate dovevano essere eccezionali. Questi tempi, confrontati con le lentezze attuali ci lasciano interdetti se non increduli, eppure lo stesso ponte di Drobeta fu costruito in circa un anno.
Nel corso dei millenni il Foro di Traiano, per la sua ricchezza di marmi e opere d'arte, ha subito le più sciagurate spoliazioni e allo stesso tempo sull’area di tutti i Fori Imperiali, a partire dal medioevo si sono susseguiti vari insediamenti,
sorti utilizzando gli stessi materiali dei Fori.
Tornando al Foro di Traiano, la ricostruzione pressoché definitiva della sua forma si deve agli scavi condotti a partire dal 1998 dalla Soprintendenza Capitolina, anche se, come vedremo, resta irrisolto il problema della collocazione del tempio di Traiano e Plotina.
Sulla base di questi scavi è emerso che l’accesso al Foro, dalla parte prossima al Foro di Augusto, a differenza di quanto si riteneva non era concavo, ma era formato da una poligonale, di 3 lati, perciò detta trisegmentata.
Le pareti della poligonale erano precedute da colonne, alternativamente di marmo giallo antico
e cipollino.
I termini giallo antico, cipollino, pavonazzetto e via di seguito sono moderni, visto che i romani identificavano i marmi per la loro provenienza. In particolare di cipollino, a seconda delle cave, esistono le varietà rosso, bianco con venature verde bluastre, verde e rosa violaceo.
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Marmo giallo antico |
Marmo cipollino |
Marmo di Portasanta |
Secondo le fonti antiche, compresa la monetazione,
la parte centrale della poligonale, ovvero l’accesso al Foro, venendo dal Foro di Augusto, era costituita da un arco trionfale, sul quale svettava una quadriga.
Lo spazio che si trova tra l’arco trionfale e il Foro di Augusto era occupato da un cortile,
perimetrato per tre lati da colonne in cipollino di Karystos, bianco con venature verdi bluastre.
Il pavimento di questo ambiente era formato da lastre rettangolari alternativamente di cipollino e marmo di Portasanta.
La parete che separa il Foro di Traiano da quello di Augusto era costruita in blocchi di peperino, rivestiti da lastre di marmo intervallate da lesene (=pilastri decorativi), con capitelli corinzi, come quelli delle colonne. Se pensiamo alle ottime caratteristiche ignifughe del peperino è chiara la funzione del muro, in particolare va ricordato che nella contigua Suburra erano frequenti gli incendi.
Sul colonnato poggiava una ricca trabeazione, mentre lungo l’attico in corrispondenza delle colonne erano collocate statue di prigionieri daci,
ritrovate nei recenti scavi, che tra l’altro hanno riportato alla luce parte della piazza del Foro, ritrovando anche il basamento della colossale statua equestre di Traiano,
che plausibilmente è stato il modello che ha ispirato la statua equestre di Marco Aurelio.
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Statue di prigionieri daci - clicca per ingrandire |
Questa statua, a differenza di quanto si pensava, non si trova al centro della piazza ma è decentrata verso l'arco trionfale.
Le dimensioni della statua bronzea non devono sorprendere, dovendo essere proporzionata alle dimensioni della piazza che misurava 116 metri per 95 ed era pavimentata da tremila lastre di marmo bianco di Luni (Carrara).
Il porticato della poligonale
continuava lungo i due lati della piazza. Il muro di fondo del Porticato, come quello della poligonale era di peperino
rivestito di marmo. Al centro di entrambi i lati si aprivano due Esedre coperte, plausibilmente da tegole di bronzo dorato.
Il porticato della poligonale - click and see |
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Dietro le Esedre e il Porticato una strada basolata
correva lungo le tabernae
dei Mercati di Traiano.
Al centro di ogni Esedra, inquadrata da colonne, si trovava una nicchia
nelle quale era alloggiata una grande statua.
Il pavimento del porticato e delle esedre era costituito da una trama simile al pavimento del Pantheon,
nella quale predominavano marmi giallo antico, pavonazzetto e rosso antico.
Sull'attico del porticato in corrispondenza delle colonne erano collocate, su due livelli, le statue di prigionieri daci, scolpite alternativamente in marmo bianco lunense e pavonazzetto.
Tra i prigionieri erano collocati clipei (=tondi), con ritratti di personaggi famosi, tra i quali si sono salvati il ritratto di Agrippina Minore (madre di Nerone) e quello di Nerva,
che trasmise il potere a Traiano attraverso l'istituto dell'adozione.
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Agrippina Minore - clicca per ingrandire |
Nerva - clicca per ingrandire |
Negli intercolumni, cioè tra le colonne dei portici, furono collocate, anche dagli imperatori successori di Traiano, le statue di comandanti di legioni ed altri uomini celebri.
Una gradinata di marmo giallo antico, formata da 3 gradini
rialzava il porticato sulla piazza del Foro.
La Basilica Ulpia, lunga 170 metri e larga 60, chiudeva la piazza del Foro di Marco Ulpio Traiano; qui vediamo la ricostruzione del 1867 di Julien Guadet.
La facciata costituita da 3 avancorpi si ergeva su una gradinata di marmo giallo antico, tripla come quella dei porticati.
Il palazzo era costituito da un corpo centrale e due absidi laterali, rivestite da tegole di bronzo dorato, come lo era la cupola del Pantheon prima della spoliazione.
Il corpo della Basilica era articolato in 5 navate,
delle quali quella centrale era di gran lunga la più grande.
La facciata che prospettava sulla piazza del Foro si presentava su 3 ordini (=piani), il primo ordine mostrava un colonnato, con fusti per due terzi scanalati (in tecnichese “rudentati”), alternativamente di marmo giallo antico e cipollino di Karystos, il colonnato del secondo ordine era formato da colonne lisce di cipollino rosso, alcune delle quali sono finite a San Pietro in Vaticano.
Il terzo ordine non è chiaro se fosse anch'esso colonnato o finestrato, o al tempo stesso colonnato e finestrato. Sull’attico erano collocate le statue di prigionieri daci in marmo bianco lunense, tra i prigionieri erano collocati i rilievi con le armi e le insegne delle legioni
che presero parte alla conquista della Dacia.
Delle due absidi una era destinata alle cerimonie, in particolare alla liberazione degli schiavi, visto che l’ Atrium Libertatis, dove in precedenza si svolgeva il rito, con lo sbancamento della collina era stato demolito. In entrambe le absidi si svolgeva anche l’attività giudiziaria, mentre le navate erano il luogo d’incontro per i più svariati “negotia”, cioè si trattavano affari pubblici e privati, senza disdegnare conversazioni di ogni genere.
Il pavimento della navata centrale, per quanto ci è pervenuto, doveva essere simile a quello del Pantheon, che Adriano avrebbe messo in opera pochi decenni più tardi e che ci è pervenuto miracolosamente intatto. Mentre il pavimento delle navate minori aveva una diversa trama.
L’altra facciata della Basilica Ulpia si affacciava sul cortile al centro del quale si trova la Colonna Traiana con ai lati le due biblioteche, la romana e la greca. Resta irrisolto cosa ci fosse di fronte alla Basilica.
Tradizionalmente, seguendo le fonti storiche si pensava che qui Adriano avesse eretto al padre ed alla madre adottivi il Tempio di Traiano e Plotina. Gli scavi sotto il contiguo Palazzo Valentini non ne hanno trovata traccia, ma nel 2011 altri indizi lasciano pensare che la tradizione sia veritiera.
Comunque l’alternativa proposta è che al posto del tempio ci fosse un gigantesco colonnato,
che fungeva da accesso al Foro per chi veniva dal Campo Marzio.
Resta ancora un dilemma irrisolto, dove si trovava il grande Fregio di Traiano? Quello spettacoloso rilievo, opera dell’artista che disegnò la Colonna Traiana,
che diviso in 4 parti fu inglobato nell’Arco di Costantino (anno 316). Per ragioni dimensionali, in origine era lungo non meno di 30 metri per 3 di altezza, non poteva trovarsi che sulla Basilica Ulpia. Ma su quale facciata, quella che prospetta sulla piazza del Foro o quella che affaccia sulla Colonna Traiana?
A ben vedere il fregio che si conclude con l’Adventus di Traiano,
cioè il suo ritorno vittorioso a Roma incoronato dalla Vittoria, sembra costituire il completamento celebrativo della Colonna, il cui ultimo quadro descrive la deportazione dei daci e quindi manca per così dire di un degno finale.
Il calco del Fregio di Traiano è stato ricomposto nel Museo della Civiltà Romana.
Sull’attico della Basilica tra le insegne delle legioni che parteciparono alla conquista della Dacia, campeggiavano le 8 statue dei prigionieri daci in marmo bianco,
che sono finite anch’esse sull’attico dell’Arco di Costantino.
Come si è accennato le spoliazioni iniziarono poco dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. È plausibile che Foca (547 – 610), imperatore d’Oriente, come aveva prelevato le tegole di bronzo del Pantheon, altrettanto abbia fatto con le tegole delle absidi dell’Ulpia, fu poi la volta delle colonne e così indebolita la struttura probabilmente non resse al catastrofico terremoto del 801.
Col passare del tempo nei Fori Imperiali si insediarono casupole medievali e chiese, tra le quali da ricordare San Niccolò de Columna, che utilizzava la Colonna di Traiano come campanile. Nel frattempo la mancanza di manutenzione delle opere di drenaggio fece impantanare tutta l’area dei Fori, tanto che un arco, tuttora visibile,
che collegava la Suburra con il Foro di Augusto, prese il nome di Arco dei Pantani.
A partire dal 1567 il cardinale Michele Bonelli, pronipote di Papa Pio V Ghisleri, bonificata alla meglio l’area, costruì sulle preesistenze medievali,
divenute cantine, un quartiere detto Alessandrino in onore del cardinale nato ad Alessandria.
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Preesistenze medievali - clicca per ingrandire |
Con l’avvento dell’Unità d’Italia, sull’abside orientale della basilica Ulpia fu costruito un palazzaccio.
Infine a partire dal 1924 Mussolini, avendo deciso di costruire la via dell’Impero (oggi Fori Imperiali), per congiungere Piazza Venezia al Colosseo, demolì il quartiere Alessandrino, del quale oggi sopravvive la via Alessandrina.
Opera meritoria ma purtroppo con la costruzione della via dell'Impero e connessi giardini, fu interrata l’abside occidentale della Basilica Ulpia, parte della piazza del Foro con la relativa esedra occidentale, una buona parte del Foro di Cesare e del Foro di Augusto e gran parte del Foro di Domiziano e di quello di Vespasiano.
In conclusione tornando al Foro di Traiano il visitatore che voglia capire perché era considerato una meraviglia va incontro a qualche difficoltà, tra l’altro i poveri prigionieri Daci (almeno 200), sono stati deportati in ogni parte di Roma e del Mondo.
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Prigionieri daci - clicca per ingrandire |
Il Museo dei Fori Imperiali, al di là della ineguagliabile suggestione degli ambienti, è la guida indispensabile per avere la percezione di quale fosse l’aspetto dei Fori.
A questo fine presenta reperti, plastici ricostruttivi e contributi multimediali, relativi a tutti i Fori Imperiali, a cominciare dal Foro di Augusto,
al quale fece seguito il Foro di Vespasiano, nel quale si trovava il tempio della Pace e che oggi è quasi interamente coperto dalla via dei Fori Imperiali.
Domiziano figlio di Vespasiano, dopo aver ultimato il Foro di Vespasiano costruì il proprio Foro, anch’esso in gran parte sovrastato dalla via dei Fori Imperiali.
Importantissimi i reperti relativi al Foro di Traiano, che consentono la ricostruzione di tanta parte del Foro.
Infine tra i Fori Imperiali è compreso il Foro di Cesare,
che proprio imperiale non è, ma essendo stato ricostruito da Traiano di diritto è assimilato ai Fori Imperiali.
Complementari rispetto al Foro di Traiano sono i Mercati di Traiano, che
ebbero questo nome perché, quando, attorno al 1930, furono riportate alla luce, le Tabernae
che confinano con l’esedra orientale del Foro di Traiano lasciarono pensare che fossero destinati ad attività prevalentemente commerciale, ma così non è.
Infatti non vi sono strade di accesso attraverso le quali potessero passare i carri per il trasporto di derrate e alle stesse citate Tabernae si arriva scendendo dalla Suburra lungo una scalinata.
Il complesso aveva dunque funzioni prevalentemente amministrative, qui infatti risiedeva il “Procurator Fori Traiani”, che gestiva il Foro, ma molte altre dovevano essere le attività svolte nei diversi edifici,
allo scopo ricordiamo le tante iniziative prese da Traiano, tra le quali la Institutio Alimentaria, esempio di welfare ante litteram e tutto l’assieme delle opere pubbliche volute, autorizzate e controllate dall’imperatore.
Il complesso dei Mercati aveva anche una funzione reggispinta, cioè di sostegno ad evitare che la collina del Quirinale franasse sul Foro.
Salendo ai livelli superiori dei Mercati, dalle terrazze possiamo fare gli apprendisti archeologi
e riconoscere l’Esedra orientale
della piazza del Foro, il pavimento
parzialmente originale e parzialmente ricostruito dell’Esedra, le Tabernae dei mercati e la strada basolata che corre ai lati del Foro, le mura in peperino
del portico, la via Alessandrina che tuttora attraversa longitudinalmente la piazza del Foro, il basamento della statua equestre di Traiano, circondato da ruderi medievali.
Più lontano le colonne in granito della navata centrale della Basilica Ulpia e sullo sfondo la colonna Traiana.
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Colonne in granito - clicca per ingrandire |
Dopo aver visitato il Museo dei Fori Imperiali, vi suggeriamo di continuare la vostra campagna archeologica, portandovi in prossimità della Colonna Traiana e girando attorno alla Colonna, in senso antiorario,
a partire dalla chiesa del Santissimo
Nome di Maria, proseguendo verso la Madonna di Loreto
per salire poi sui giardini, dove sono stati collocati alcuni capitelli delle colonne delle navate della Basilica Ulpia e completare il giro raggiungendo la via Alessandrina attraverso il passaggio che taglia la piazza del Foro.
Seguendo questo percorso vedrete i gradini di marmo giallo antico
della basilica, mentre le 3 colonne rialzate
che vedete alla vostra sinistra, in realtà appartenevano al secondo piano della Basilica, quindi il loro posizionamento effettuato negli anni ’30 è errato. Del resto potete osservare che il diametro del fusto di queste colonne è minore di quello delle colonne in granito della navata centrale, che vi stanno di fronte.
A terra si vedono i basamenti
delle colonne delle navate minori, e le tracce del pavimento. Ancora a terra resti architettonici
evidenziano l’estrema raffinatezza della costruzione.
Proseguendo il giro, vedrete un tratto del cornicione della Basilica, lavorato con estrema abilità, di seguito a terra, accanto al basamento della Colonna di Traiano, il grande fusto di granito di una delle colonne, alta non meno di 20 metri, che apparteneva al tempio di Traiano e Plotina, o all’ingresso monumentale al Foro venendo dal Campo Marzio e nelle immediate vicinanze il gigantesco capitello della stessa colonna, alto quasi 2 metri.
Sotto ai giardini, sostenuti da una soletta di cemento armato e relativi pilastri, dove si trovava l’abside occidentale, oggi sono custoditi i reperti architettonici provenienti dalla Basilica e dai Portici.
Affacciandovi dai giardini si vede parte del pavimento della navata centrale basilica, e delle navate laterali
che hanno un diverso disegno.
Tra vari resti noterete un tronco di colonna di cipollino rosa, proveniente dal II piano della basilica.
Percorrendo il passaggio che vi riporta sulla via Alessandrina, sopra alla gradinata della basilica, si vedono i tronchi di due colonne, l’una di marmo giallo antico, l’altra di cipollino verde marino, che si trovavano al II piano della Basilica.
RINGRAZIAMENTO
Abbiamo potuto proporvi questa visita al Foro di Traiano grazie al supporto della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, che tra l’altro ha reso disponibile il suo archivio fotografico. Quindi se avete gradito la visita sappiate che dovremo dividere il merito con la Sovrintendenza.
Se non avete gradito, il demerito è tutto nostro.
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