Le indagini archeologiche
di Claudio Mocchegiani Carpano
Millenni di storia, di vita e di traffici fluviali vissuti dal Tevere
hanno lasciato a noi imprevedibili documenti, celati profondamente nelle
sabbie limacciose dell'alveo, vero e proprio contenitore di testimonianze
storiche e archeologiche.
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Se si potesse idealmente effettuare una serie stratigrafica dei
sedimenti profondi del fiume potremmo certamente ricostruire con dovizia
di particolari la storia della sua lunghissima utilizzazione e quella
degli uomini che ne sfruttarono le acque come mezzo di comunicazione
con il mondo intero. |
E' naturale, che le testimonianze riemerse dal fiume si riferiscano ai
fatti più remoti ma anche a quelli a noi più vicini, relativi addirittura
agli ultimi avvenimenti bellici: diversi anni or sono, ad esempio, le
benne di una draga recuperarono armi e brandelli di divise appartenute
a combattenti in rotta della Repubblica Romana del 1848.
E così testimonianze della vita quotidiana romana di ogni epoca vengono
recuperate in occasione di nuovi lavori di sistemazione delle rive e dell'alveo,
aggiungendo altri elementi che ci aiutano a ricostruire gli usi e le consuetudini
della vita quotidiana nell'antichità.
Moltissimo materiale architettonico, specialmente durante il medioevo,
venne accumulato lungo le rive del fiume per poi essere caricato sulle
zattere e avviato ai nuovi cantieri di costruzione delle chiese e dei
palazzi romani. Valga per tutti il trasporto a Orvieto di marmi e travertino
necessari per la costruzione del Duomo. Spesso quei carichi, caratterizzati
dall'assemblaggio di materiali di varia provenienza, naufraugavano con
le fatiscenti chiatte che li trasportavano e rappresentavano veri e propri
"relitti" che, celati dal limo del fondo, emergono in occasione
di dragaggi, come negli anni '50 a valle di S.Paolo venne localizzato
un relitto medievale, carico di pregevoli reperti architettonici con bassorilievi
e statue in marmo.
Un'attenta indagine dei fondali, anche se resa difficile dalla scarsissima
visibilità dell'acqua, ha condotto ad interessanti ritrovamenti specialmente
nelle zone ove nel passato non sono stati effettuati grandi lavori idraulici,
come, ad esempio, l'ancora romana in ferro datata al II secolo d.C., recuperata
presso i resti del porto nell'ansa di Pietra Papa e un'altra, riferibile
al III a.C.
Il grande avvenimento, che interessò la città stessa e trasformò pesantemente
il tratto urbano del fiume, fu come è noto la costruzione
dei muraglioni voluta dal nuovo Governo nazionale dopo il 1870.
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La vera "messe archeologica" arrivò dal controllo della
sabbia dragata nei fondali più o meno bassi, che restituì migliaia
di oggetti della vita quotidiana, dalle semplici lucerne in terracotta,
ai preziosi oggetti in oro, soprattutto di gioielleria romana. |
Basta sfogliare le pagine dei verbali di consegna dell'epoca per avere
una idea della quantità di oggetti pervenuti, tra i quali moltissime monete,
e, così, nel 1880 presso i bagni di Donna Olimpia, si raccolsero decine
di monete d'oro; sotto l'Aventino, la draga Tolonese recuperò "migliaia
di monete di epoche diversissime". Si tentò anche una serie di
indagini organizzate di materiale archeologico, che videro in primo piano
gli archeologi dell'epoca travolti dagli avvenimenti e dalle precise disposizioni
governative. Si avviò la ristrutturazione di monumenti antichi che talvolta
modificò completamente il loro aspetto. Un esempio è costituito dai ponti
romani, rimasti sino ad allora pressoché intatti: vennero ristrutturati
ed allargati per essere collegati aii moderni argini-muraglione.
Uno dei più grandi studiosi di topografia antica operante a Roma in quel
periodo, Rodolfo Lanciani, ci ha tramandato una mole notevolissima
di documentazione con
i dati relativi agli edifici poi scomparsi.
Un ritrovamento abbastanza "singolare", ma molto utile alla
comprensione di determinati avvenimenti storici, è stato effettuato durante
recenti indagini subacquee condotte dalla Soprintendenza Archeologica
di Roma che hanno permesso la localizzazione, presso il pilone del
ponte Fabricio che collegava l'isola tiberina con la sponda, nel lato
del teatro di Marcello, del relitto di un mulino
galleggiante qui affondato, sembra, intorno il 1855 e denominato la
"mola degli ebrei".
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