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LIBRO XIV - DA FARSALO AD ALESSANDRIA

I – Cesare, volendo evitare che Pompeo, disponendo ancora di grandi ricchezze, tentasse di formare un nuovo esercito e rinnovare la guerra, decise di inseguirlo, ovunque si fosse rifugiato.

Partimmo da Farsalo con la cavalleria, seguiti da una sola legione.
Pompeo raggiunta Anfipoli, da qui procedette per Mitilene, dove a causa di una burrasca fu costretto a fermarsi due giorni. Tornato il sereno riprese il mare, ma quando arrivò a Cipro, intenzionato a raggiungere Antiochia di Siria, venne a sapere che gli Antiochiesi avevano preso le armi per impedirgli lo sbarco.

Stessa sorte era toccata a Rodi a Lentulo Crure e agli altri Pompeiani.

Abbandonata l'idea di recarsi in Siria, Pompeo salpò per l'Egitto, dove per i tanti benefici concessi alla dinastia dei Tolomei, pensava di essere benevolmente accolto.    

Tolomeo XII Filopatore era stato cacciato dal trono dagli Alessandrini (nel 58), ma durante il consolato di Pompeo (nel 55), per suo ordine, venne rimesso sul trono dal proconsole Aulo Gabinio.

Tolomeo XII Filopatore Aulo Gabinio

Tolomeo, ormai giunto in tarda età, nominò co-reggente la figlia maggiore Cleopatra, stabilendo per testamento che gli eredi al trono fossero la stessa Cleopatra ed il maggiore dei figli maschi, Tolomeo XIII.

Il testamento fu depositato ad Alessandria e una copia a Roma. Pertanto risultavano esclusi dal trono i due figli più giovani Tolomeo XIV ed Arsinoe IV. 

Cleopatra Tolomeo XIII

Morto Tolomeo XII (nel 51), di lì a poco Tolomeo XIII, per volontà di suoi tutori (nel 48 aveva 14 anni) cacciò dal trono la sorella Cleopatra (che nel 48 aveva 20 anni).

Costei riparò in Siria con i suoi seguaci ed armato un esercito mosse contro Tolomeo.

Pompeo dunque arrivato a Pelusio, mandò messi a Tolomeo, che si trovava nei pressi con il suo esercito per fronteggiare Cleopatra, chiedendo di ospitarlo ad Alessandria, in nome dell'amicizia che lo aveva legato al padre, fidando anche sul fatto che nell'esercito di Tolomeo militavano quei soldati Romani che Gabinio aveva lasciato a difesa di Tolomeo padre.

Ma i consiglieri del re, Potino, Achilla e Teodoto, temendo che se avessero aiutato Pompeo avrebbero suscitato l'ira di Cesare e di conseguenza avvantaggiato Cleopatra, decisero, simulando amicizia, di mandare da Pompeo Settimio, che lo conosceva da lungo tempo e Achilla, con l'ordine di ucciderlo.

Potino Achilla

Costoro andarono incontro a Pompeo salutandolo cordialmente, Settimio si scusò per la modesta imbarcazione con la quale erano arrivati, adducendo a scusante il basso fondale. Ma la vera ragione era che erano arrivati su quella piccola barca per obbligare Pompeo ad unirsi a loro accompagnato da pochi dei suoi.

Invitarono dunque Pompeo a scendere nella loro navicella, per raggiungere il re.


Pompeo

Pompeo, rassicurato dalla presenza di Settimio, lasciò la sua nave e mise piede sulla navicella con un solo servo.

Quando la navicella scomparve dalla vista della nave di Pompeo, Achilla e Settimio lo uccisero.
Allo stesso modo fu preso Lentulo e ucciso in carcere.

Settimio Lentulo

 

II – In quel tempo Cesare, immaginando che Pompeo si sarebbe recato in Egitto, dopo essersi brevemente fermato in Asia, si imbarcò per Alessandria con tremiladuecento fanti ed ottocento cavalieri, seguito da dieci navi da guerra.

Appena sbarcato, mentre seppe della morte di Pompeo, fu assalito dalla folla incitata dai soldati del giovane re Tolomeo.
Sedati i tumulti, nei giorni successivi non poté ripartire via mare a causa dei venti sfavorevoli.

Inoltre visto che il vecchio re aveva affidato ai Romani, l'esecuzione delle proprie volontà, dichiarò che era suo desiderio che i due eredi Tolomeo e Cleopatra, sciogliessero gli eserciti e componessero le loro controversie in sua presenza.

Per prevenire ulteriori discordie tra i fratelli concesse ad Arsinoe e Tolomeo XIV il regno di Cipro, mentre Cleopatra, rientrata ad Alessandria con uno stratagemma, si era messa sotto la sua protezione.


Cleopatra

Peraltro Cesare, diffidando dei consiglieri di Tolomeo, che avevano ucciso a tradimento Pompeo e Lentulo, ordinò che dall'Asia gli fossero inviate truppe di rinforzo.

Potino, che tutto voleva meno che la pace, fece richiamare l'esercito da Pelusio e vi mise a capo Achilla.
Cesare appreso che tutto l'esercito regio marciava su Alessandria, invitò il re a mandare ad Achilla messaggeri di sua fiducia per fermarlo. Tolomeo inviò Discoride e Serapione. Achilla, senza farli parlare, ordinò che fossero uccisi.

Poiché Cesare non aveva forze sufficienti per affrontare Achilla in campo aperto, si trincerò in città tenendo il re in suo potere.   

 

III - Alessandria è una città grande e magnifica. Deve il suo nome ad Alessandro Magno che la fondò (nel 332) tra la palude Mareotide e il Mare Nostro (il Mediterraneo), davanti all'isola di Faro, alla quale è collegata da un lungo molo (1.400 mt) chiamato Eptastadio (cioè lungo 7 stadi), grazie al quale la città dispone di due porti, detti Porto Grande e Porto Piccolo.


Alessandro Magno

Alla morte di Alessandro i diadochi (i generali di Alessandro) si disputarono le terre conquistate.

Uno di questi, Tolomeo Sotere, si impadronì dell'Egitto. 


Tolomeo Sotere

Tolomeo iniziò, sull’isoletta vicina a quella oggi detta di Faro, la costruzione dell'altissimo Faro di Alessandria (si dice che fosse alto 135 mt), completato da suo figlio Tolomeo II.

Ma questa ricchissima città fino dalla sua fondazione restò divisa tra Greci, Ebrei ed Egiziani.

Ognuna di queste comunità occupava una diversa parte di Alessandria, ciascuna diversamente amministrata e retta da diverse leggi.
Con il passare del tempo i conflitti tra Greci ed Ebrei divennero permanenti.

Cesare occupava una piccola parte della città, quella dove si trovavano i palazzi del re, tutto il resto di Alessandria era nelle mani di Achilla, che disponeva di ventimila fanti e duemila cavalieri.
Forte del numero Achilla ci attaccò cercando di fare irruzione negli edifici che avevamo occupato. Respinto da Cesare attaccò dall'Eptastadio con tutte le forze il Porto Grande, dove si trovavano le navi rientrate ad Alessandria dopo la battaglia di Farsalo.

Se le avesse prese avrebbe avuto il porto e tutto il mare in suo potere, privandoci della possibilità di ricevere viveri e aiuti.

Si combatté con accanimento estremo.
Fummo noi a prevalere.

Cesare non potendo difendere uno spazio tanto grande fece bruciare tutte le navi, comprese quelle che si trovavano nei cantieri e subito sbarcò nell’isoletta di Faro, un presidio sufficiente a controllare l'accesso al Porto Grande.

Contemporaneamente fortificò gli edifici nei quali si trovava, impedendo l'accesso alle truppe di Achilla.

Nella reggia Arsinoe, la figlia più giovane del vecchio re, insoddisfatta del ruolo che Cesare le aveva riservato (regina di Cipro), consigliata dal suo precettore l'eunuco Ganimede, con il tacito consenso di Cesare, fuggì presso Achilla.


Ganimede

Intanto Potino, che si trovava nei palazzi occupati da Cesare, mandava messi ad Achilla esortandolo a non desistere dall'attacco.

I messi furono catturati, Cesare ordinò che Potino fosse messo a morte.
Ganimede entrato ben presto in conflitto con Achilla lo fece uccidere da sicari.

 

IV – Grandi acquedotti portano ad Alessandria le acque del Nilo, che fatte riposare in enormi cisterne si depurano e diventano potabili.

Pertanto, per assetarci, i nemici tagliarono gli acquedotti che arrivavano ai nostri edifici. Cesare allora fece costruire delle grandi macchine per prelevare le acque dal mare e pomparle nelle nostre cisterne, ma dopo pochi giorni queste acque divennero imbevibili. Un grande scoramento stava vincendo i nostri soldati, ma Cesare, fatti scavare dei pozzi molto profondi, trovò tutta l'acqua potabile che ci serviva.

Ganimede, che aveva in suo potere il Porto Piccolo, per bloccare il Porto Grande fece riparare tutte le navi disponibili e ne fece costruire di nuove, ma prima ancora che la flotta fosse pronta, arrivò con una legione Domizio Calvino, che tuttavia a causa dei venti sfavorevoli non riuscì ad entrare nel Porto Grande.


Domizio Calvino

Cesare ordinò che le navi di Calvino fossero rimorchiate nel Porto Grande.
Ganimede tentò di impedire la manovra, ma non solo non riuscì nell'intento, ma perse anche quattro navi e dovette ritirarsi.

Tuttavia non desistette dal tentativo di ricostituire la flotta e quando dispose di ventidue triremi e cinque quinqueremi, oltre a numerosissime imbarcazioni minori, tentò nuovamente di bloccare il Porto Grande. 

Allora Eufranor, comandante delle flotta Rodia, uomo di eccezionale perizia e valore, disse a Cesare che poteva uscire dal porto con le sue navi e ingaggiare battaglia, attirando su di sé la flotta Egiziana, a quel punto se la nostra flotta lo avesse raggiunto, era certo che avremmo sconfitto i nemici.


Eufranor

Cesare approvò il piano di Eufranor.
La battaglia si svolse come previsto, l'abilità di Eufranor e l'impeto dei nostri ebbe la meglio.

In questa azione prendemmo due navi nemiche con tutti i soldati e i marinai a bordo, tre ne affondammo, senza alcuna perdita dalla nostra parte. Gli Egiziani si misero in salvo nell'Eunoste (il porto piccolo), protetti dall'alto molo e dalle fortezze che si trovavano sull’Eptastadio.

 

V – Cesare, visto il felice esito di questa battaglia, pensò di approfittare del momento favorevole per occupare l’isola grande, che si trova accanto alla isoletta sulla quale si erge il Faro.

All'isola grande arriva dalla terra ferma il lungo, largo e alto molo (l'Eptastadio).
Attaccati con grande impeto gli Egiziani, espugnammo la fortezza costruita sull’isola. Cesare ordinò che fossero abbattuti gli edifici e con il materiale ricavato costruimmo una fortificazione. Ciò fatto cacciati i nemici da tutto il molo andammo all’assalto del forte che sorge sulla terra ferma, all’altro estremo del molo.

Ma Ganimede richiamate tutte le sue truppe ci contrattaccò.
Nello scontro perdemmo seicento legionari ed altrettanti marinai che coraggiosamente avevano abbandonato le navi per partecipare ai combattimenti.

Fummo respinti con tanta violenza che lo stesso Cesare dovette salvarsi a nuoto.

 

VI – Avevamo subito questa sconfitta, per la prontezza di Ganimede, che aveva saputo mobilitare le sue truppe nel momento opportuno.

Ma le discordie che sempre hanno logorato gli Alessandrini (si riferisce ai Greco-Alessandrini) vennero in nostro aiuto.

Militavano nell’esercito di Ganimede molti sostenitori del giovane re Tolomeo: costoro mal sopportando di dover obbedire ad un eunuco e a una donna volubile e irascibile come Arsinoe, mandarono messi a Cesare implorandolo di consentire che Tolomeo li raggiungesse, dichiarandosi pronti ad eseguire la volontà del re e se lui voleva pronti ad abbracciare l’amicizia e la protezione di Cesare.

Tolomeo ad onta della giovane età era già un simulatore esperto e recitando la sua parte diceva che per nulla al mondo avrebbe voluto lasciare la compagnia  di Cesare, che, simulando del pari, fingeva di credere alla sua buona fede.

In verità prevedeva che l’avvento di Tolomeo e della sua corte avrebbe significato la rovina di Ganimede.
Così avvenne e così gli stessi Egiziani ci liberarono di un pericoloso nemico.

 

VII – In quello stesso tempo, Mitridate re di Pergamo (figlio naturale del famoso Mitridate re del Ponto) e Malco re dei Nabatei (il territorio di Petra), nemici di Pompeo, arruolarono un corpo di cavalieri per andare in aiuto di Cesare.

Mitridate Malco

Dovendo però attraversare territori occupati dai Giudei, che in particolare modo erano stanziati nei dintorni di Pelusio e lungo il Delta del Nilo fino a Menfi, chiesero ad Antipatro, comandante dell’esercito Giudeo di unirsi a loro.


Poiché Pompeo aveva profanato a Gerusalemme il sacro Tempio degli Ebrei e fatto uccidere i sacerdoti, Ircano il sommo sacerdote, autorizzò Antipatro ad arruolare tremila guerrieri scelti per unirsi a Mitridate e Malco.

Riunite le forze ad Ascalona, Antipatro, Mitridate e Malco si prepararono a percorrere duecento miglia (circa 300 km) marciando lungo la costa, accompagnati dalle navi di Mitridate che portavano viveri, acqua e macchine da guerra.
Intanto la flotta Egiziana nell’intento di impedire che ci venissero portati rifornimenti, tentava di bloccare l'accesso al porto di Alessandria.

Tiberio Claudio Nerone (padre del futuro imperatore Tiberio), comandante della flotta Romana ed Eufranor con le navi Rodie, forzato il blocco, avevano ingaggiato contro gli Egiziani una grande battaglia, nella quale perì, gloriosamente vincitore Eufranor.

Antipatro Tiberio Claudio Nerone

Poiché le navi Egiziane si dispersero, la flotta di Mitridate avanzò senza ostacoli da Ascalona fino al Delta del Nilo.

 

VIII – Eliminato Ganimede, Tolomeo, saputo che Antipatro e Mitridate stavano arrivando, avanzò con tutto l’esercito per fermarli.

Raggiunto il Delta del Nilo, Antipatro ottenne che i Giudei concedessero il passaggio all’esercito. Di seguito con Malco e Mitridate andando verso sud attraversò il Nilo nella località detta Castra Judeorum (campi dei Giudei).

Qui giunti i nostri alleati  si scontrarono con le avanguardie dell’esercito Egiziano, ma grazie soprattutto al valore dei Giudei le respinsero avanzando verso Alessandria. Avvertiti dagli esploratori che Tolomeo stava arrivando con grandi forze, si fortificarono in prossimità di uno dei rami del Nilo.

Gli Egiziani contando sul loro numero, certi della vittoria, li attaccarono subito.
Vanamente.
Cesare intanto, lasciato ad Alessandria un presidio si imbarcò per accorrere in aiuto di Antipatro e Mitridate.
Sbarcate le truppe marciò al massimo della velocità contro Tolomeo, ma gli Egiziani pattugliando le alte rive del Nilo ci impedivano di attraversare il fiume. 

Nondimeno i nostri insuperabili cavalieri Germani, trovato un guado, respinti i nemici,  passarono sull’altra riva, immediatamente accorsero i legionari ed abbattuti dei grandi alberi improvvisarono una sorta di ponte. Passati anch’essi sull’altra riva in breve si ricongiunsero con i nostri alleati.

Fatte riposare le truppe il giorno successivo andammo all’attacco di Tolomeo, che occupava una altura, apparentemente imprendibile.
Ma Cesare, andato in esplorazione, si avvide che uno dei lati dell’altura, quello più ripido, non era presidiato, poiché i nemici consideravano impossibile l’attacco da quel lato.

Era nel nostro esercito Carfuleno, un Germano al quale Cesare per il suo valore, per il coraggio e per l’avvedutezza ripetutamente dimostrata, aveva concesso la cittadinanza Romana e nominato suo legato. 


Carfuleno

Cesare dunque chiamato a sé Carfuleno gli chiese se avesse animo di attaccare gli Egiziani dal fianco imprendibile.
Se pensava di poterlo fare scegliesse tre coorti dei migliori soldati.

Carfuleno con i suoi scala il colle, sorprende gli Egiziani alle spalle, questi, pensando che l’esercito di Cesare sia entrato nel campo, fuggono verso il Nilo.

Fugge anche Tolomeo, sale su una nave, ma la nave stracarica affonda.
Il re muore.
Dei quarantamila uomini del re parte si arrendono, parte sono uccisi.

 

IX – Cesare non si ferma a trionfare.
Con Antipatro, Mitridate, Malco e tutta la cavalleria corre ad Alessandria.
Gli Ebrei Alessandrini lo festeggiano, i Greci si piegano.

Morto Tolomeo XIII, rispettando la volontà del padre Tolomeo XII, Cesare divide il regno tra Cleopatra ed il giovanissimo Tolomeo XIV.
Per maggior sicurezza lascia ad Alessandria tre legioni.
Arsinoe viene esiliata ad Efeso.

Pertanto il regno di Cipro che aveva assegnato ad Arsinoe e Tolomeo XIV torna in mano Romana.
Grato ad Antipatro per l’aiuto prestato, gli concede la cittadinanza Romana, lo nomina procuratore di tutta la Giudea e lo autorizza a ricostruire le mura di Gerusalemme abbattute da Pompeo, infine libera i Giudei dai tributi che aveva imposto Pompeo.

Mentre l’esercito si riposava ad Alessandria, anche Cesare si concesse una tregua e risalito il Nilo con la giovane Cleopatra, arrivò sino ai confini dell’Etiopia.


Cleopatra

 

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